Alimentazione, ecco le frontiere più avanzate della Ricerca per frenare le malattie e allungare la vita
Si è tenuto al Campus IFOM-IEO di Milano il Forum “La nuova era della nutrizione: dai meccanismi molecolari alla salute umana”, organizzato dalla Fondazione IBSA in collaborazione con Lucilla Titta, coordinatrice del Progetto Smartfood presso lo IEO (Istituto Europeo di Oncologia). Partner dell’incontro, l’Istituto Europeo di Oncologia, il Progetto SmartFood e la Food Bank in Oncology.
I ricercatori intervenuti, provenienti da cinque Paesi (Stati Uniti, Israele, Germania, Spagna e Italia), hanno presentato gli studi più avanzati in un settore – quello dell’alimentazione – che è afflitto, purtroppo, da una grande quantità di fake news. Quali sono questi studi? Quelli che ruotano intorno alla capacità, dimostrata da certi cibi, o da certe “tecniche”, di frenare i geni dell’invecchiamento e di stimolare, nello stesso tempo, quelli della longevità, attraverso complessi meccanismi biochimici.
Ma non basta: altre ricerche hanno anche rivelato che specifiche “azioni” sul modo di assumere il cibo possono attenuare i sintomi di malattie non facili da domare, come il diabete o patologie autoimmuni. Esistono quindi altri modi (oltre alle buone regole del mangiar sano) per frenare l’invecchiamento e allungare la vita tramite l’alimentazione. Qualche esempio:
– Mangiare solo in determinati momenti della giornata seguendo i ritmi naturali veglia-sonno, aiuta l’organismo riducendo le infiammazioni croniche e la tendenza all’obesità, ma anche certi disturbi cardiaci, sostiene il Professor Panda.
– Secondo il Professor Michalsen, digiunare in modo intermittente, cioè alternando giorni di digiuno assoluto ad altri in cui ci si alimenta in modo normale, può aiutare l’organismo a placare i sintomi delle malattie infiammatorie, ma anche di altre patologie, purché l’astensione dal cibo venga programmata e seguita da uno staff medico esperto.
– I batteri e gli altri microrganismi che abbiamo nell’intestino (e che pesano, nel loro complesso, più di un chilo, formando quello che gli esperti chiamano microbioma) possono, secondo le ricerche del Professor Segal, influire molto – positivamente o negativamente – nell’insorgenza di malattie come il diabete, l’obesità, ma anche i disturbi circolatori.
– Alcune sostanze allunga-vita (sette, per la precisione) sono state identificate e descritte dai ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia, nell’ambito del progetto Smart Food: quercetina, resveratrolo, curcumina, antocianine, epigallocatechingallato, fisetina, capsaicina. Tutte queste sostanze, presenti in diversi tipi di vegetali, agiscono modulando direttamente, e positivamente, l’espressione del Dna delle cellule.
Eran Segal – Professore associato presso il Weizmann Institute of Science, Università di Rehovot (Israele)
La nostra ricerca mostra che ogni singolo individuo ha una diversa risposta glicemica nei confronti degli alimenti: abbiamo messo a punto un algoritmo che utilizza dati clinici e informazioni sul microbioma intestinale per prevedere la risposta glicemica dei singoli soggetti.
In un’altra ricerca, abbiamo dimostrato che il consumo di dolcificanti artificiali può alterare la composizione del microbioma così come, una volta trapiantato in topi sterili, può causare l’intolleranza al glucosio e portare allo sviluppo del diabete. E che il microbioma gioca un ruolo importante in diverse malattie metaboliche.
La prossima frontiera è identificare i driver della malattia e capire in base a essi come possiamo modificare il microbioma per migliorare la salute. Questa è ancora un’area di ricerca attiva e ci sono molte sfide, come capire in che modo colonizzare con successo specifici batteri in persone diverse, e quali batteri devono essere aggiunti a ogni persona, poiché è probabile che siano anche personalizzati.
Giuseppe Pellicci – Direttore del Dipartimento di Oncologia Sperimentale presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano
Numerosi esperimenti hanno dimostrato, in modelli animali, che una forte (e controllata) riduzione delle calorie è in grado di attivare, nel DNA, i geni della longevità, e di inibire i geni dell’invecchiamento, riproducendo quello che avveniva, durante l’Evoluzione, quando la disponibilità di cibo era scarsa.Possiamo ipotizzare che questo meccanismo evolutivo consentisse agli esseri viventi, nei periodi in cui il cibo era carente, di proteggere l’organismo e “rimandare” la riproduzione a momenti maggiormente favorevoli.
La riduzione calorica, negli animali da laboratorio, permette di ridurre l’insorgenza anche delle malattie che classicamente insorgono nell’invecchiamento: cancro, patologie cardiovascolari e neurodegenerative. E tutto questo è stato rilevato anche nelle scimmie, dunque in mammiferi molto vicini all’uomo, come testimonia uno studio importante pubblicato nel 2014 dalla rivista Science.
Marco Giorgio– Ricercatore presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano
Per attirare gli animali, le angiosperme hanno sviluppato diversi fenotipi, che includono l’accumulo di composti bioattivi con un minimo valore nutritivo nelle parti commestibili di fiori e frutti, ma con un impatto significativo sulla nicchia ecologica dell’animale.
Nel nettare floreale la caffeina alcaloide favorisce la memoria della ricompensa negli impollinatori, nel polline consumato dalle api ciliari l’acido cumarico migliora la resistenza allo stress, negli elaiosomi di alcune spore gli acidi grassi specifici inducono la mirmecoria traducendo il segnale di ricompensa alla formica.
Nei modelli animali, un certo numero di metaboliti secondari presenti nel fiore, nel nettare o nei frutti, proteggono dalle malattie associate all’invecchiamento, lo ritardano e prolungano la durata della vita. Non è ancora chiaro se la longevità animale sia un tratto importante nella coevoluzione animale-vegetale: il mutualismo animale è difficile da dimostrare empiricamente.
Andreas Michalsen– Professore di medicina clinica complementare al Charité University Medical Center di Berlino
Appare sempre più evidente che il digiuno intermittente aiuti a ridurre il rischio di sindrome metabolica e di malattie cardiache. Un nostro studio, appena concluso, dimostra anche che un digiuno di 3 giorni, o più, può ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia nei malati di cancro.
Periodi limitati di digiuno sono sicuri, se vengono gestiti da personale medico esperto. Questa è la mia esperienza nel nostro ospedale, dove abbiamo tenuto sotto osservazione più di 20.000 pazienti, che hanno digiunato da 7 a 14 giorni.
Stiamo anche pubblicando i risultati di uno studio su 1.500 pazienti che hanno digiunato da 10 a 28 giorni, anche in questo caso senza gravi effetti collaterali, ma anzi con effetti benefici per la salute. Abbiamo utilizzato il digiuno intermittente, e anche quello più prolungato, per aiutare i pazienti con diabete, ipertensione, fibromialgia, emicrania, artite reumatoide, sclerosi multipla e altre patologie infiammatorie. E i risultati sono stati molto buoni.
Rafael de Cabo– Professore al National Institute on Aging, Baltimora (USA)
L’invecchiamento è un processo continuo che avviene per tutti gli organismi viventi e tutte le cellule al loro interno. L’elaborazione di “cibo” o energia induce un onere per il macchinario cellulare poiché, come per una macchina, le diverse parti del motore “sentono” il carico del tempo in modo diverso.
In natura il “tetto massimo” di ogni specie è dato da molteplici fattori, esiste un limite massimo per la durata di vita/sopravvivenza umana. Tuttavia, abbiamo ampio spazio per migliorare la nostra salute e la posticipazione della malattia nell’ultima parte della nostra vita.
Stiamo cercando di capire come funziona la restrizione calorica (CR) e come può essere tradotto in clinica per il miglioramento della salute. Il contesto e la lunghezza in cui il CR può essere applicato a una determinata popolazione devono essere determinati seguendo rigorosi studi preclinici e clinici con esiti chiari e misurabili. Gli studi effettuati finora hanno mostrato risultati promettenti.
Giuseppe Grosso– Ricercatore presso Integrated Cancer Registry di Catania
La prova della relazione tra fattori dietetici e salute umana ha fornito spesso risultati coerenti, ma manca ancora una valutazione completa. I risultati preliminari del nostro lavoro hanno avuto l’obiettivo di valutare il livello di evidenza dell’associazione tra singoli alimenti, schemi dietetici e rischio di malattia.
Per valutare ulteriormente la validità delle evidenze accumulate, abbiamo poi studiato i potenziali modificatori di effetti. In particolare, abbiamo trovato modelli dietetici non salutari associati a un più alto indice di massa corporea, mentre i modelli sani erano associati all’istruzione superiore, all’attività fisica e al fumare di meno.
Inoltre, nei gruppi monitorati si è evidenziato che l’indice di massa corporea, l’istruzione e il fumo sono associati in modo lineare con il livello di consumo di carne, frutta e verdura. Pertanto, occorre studiare ulteriormente il ruolo di questi fattori come potenziali modificatori di effetti.
Miguel Ruiz-Canela– Professore associato di Medicina Preventiva all’Università di Navarra (Spagna)
Il nostro approccio è quello di concentrarci su un modello alimentare che include diversi tipi di cibi sani. Questo è il caso della Dieta Mediterranea, una dieta a base vegetale in cui la principale fonte di grassi è l’olio extra vergine di oliva.
Ad esempio, quando consumiamo proteine, grassi o carboidrati da frutta e verdura incorporiamo anche fibre e altri micronutrienti (vitamine e minerali) e componenti sani come i polifenoli. L’interazione di tutti questi elementi insieme spiega l’effetto salutare della dieta mediterranea. Inoltre, l’uso dell’olio d’oliva è importante per aumentare il gusto dei cibi che mangiamo e quindi è una dieta che possiamo seguire a lungo termine.
Questo è il motivo per cui stiamo sviluppando lo studio PREDIMED plus, in cui valutiamo l’effetto di una dieta mediterranea ipocalorica rispetto a una dieta mediterranea non energeticamente limitata. Vogliamo evitare il riacquisto di peso osservato in altre diete ipocaloriche che hanno un ottimo risultato a breve termine, ma sono molto difficili da seguire per un lungo periodo di tempo.
Satchidananda Panda– Professore presso il Salk Institute-Regulatory Biology Laboratory di La Jolla, California
Le ricerche condotte su modelli animali mostrano che mangiare in una fascia di tempo ristretta (Time-Restricted Eating, TRE) ha effetti positivi su diversi organi e sistemi del nostro corpo. C’è una componente circadiana che guida la fame e la sazietà. E l’orologio biologico impone un ritmo anche a diversi ormoni che sono coinvolti nel metabolismo: insulina, glucagone, GLP1, grelina e altri. Le nostre ricerche, insieme a quelle di diversi altri gruppi, suggeriscono di evitare il cibo per almeno 3-4 ore prima di andare a dormire e 1-2 ore dopo il risveglio. Questo significa avere una finestra di 10-12 ore al giorno entro cui mangiare.
Alcuni studi epidemiologici hanno suggerito che un’alimentazione limitata a una fascia temporale ristretta della giornata può migliorare la prognosi del cancro al seno. E’ da verificare se l’abbinamento di queste due procedure (assunzione dei farmaci in un preciso periodo temporale della giornata, e anche assunzione del cibo in una fascia temporale limitata) possa migliorare ulteriormente la prognosi del cancro.