Giovedì 18 ottobre, durante l’incontro del ciclo “La Scienza a regola d’Arte”, presso la hall del LAC di Lugano, due grandi personalità che si muovono abitualmente nei territori al confine tra Arte e Scienza si sono confrontate di fronte al grande pubblico, indagando il rapporto tra questi due mondi, solo apparentemente lontani: il fotografo tedesco Thomas Struth e il fisico americano James Beacham.
Thomas Struth negli ultimi dieci anni si è dedicato a esplorare il rapporto tra artificiale e reale, girando il mondo alla ricerca di laboratori e grandi strutture di ricerca scientifica. “Per me sono paesaggi del cervello moderno” ha spiegato.” Oggi c’è questo investimento unilaterale in tecnologia e scienza, intese come promessa di un futuro migliore – l’iPhone, internet, il cloud computing. Mi sembra che il nostro pensiero si è impigliato in desideri autocentrati, che si ripetono all’infinito. È per questo che ho voluto che queste immagini apparissero in qualche modo estenuanti”.
A confrontarsi con Struth c’era James Beacham, un giovane brillante scienziato che nei suoi speech pubblici ama parlare anche di temi come la tecnologia e gli eventi artistici. Nel 2012 Beacham è stato tra i protagonisti di un’esperienza assolutamente straordinaria: ha partecipato al Large Hadron Collider del CERN, il più ampio esperimento scientifico mai organizzato, che si è svolto in un tunnel di 27 chilometri sul confine tra Francia e Svizzera, sepolto 100 metri sottoterra. In pratica, il laboratorio più tecnologico e avveniristico dell’intera storia della scienza.
Location
LAC Lugano Arte e Cultura
Data
18 ottobre 2018
Biografie Relatori
James Beacham, fisico delle particelle dell’esperimento ATLAS al CERN
L’obiettivo del Dr. James Beacham è quello di provare a rispondere alle più grandi domande della fisica attraverso l’esperimento più esteso di sempre, il Large Hadron Collider al CERN. Va a caccia di materia oscura, gravitoni, buchi neri quantistici e fotoni scuri in qualità di membro della collaborazione ATLAS del CERN, uno dei team che ha scoperto il bosone di Higgs nel 2012. Oltre al suo lavoro di ricercatore, partecipa spesso come relatore a eventi relativi a scienza, tecnologia e arte organizzati in tutto il mondo da enti tra cui l’American Museum of Natural History, la Royal Institution, il Festival South By Southwest (SXSW) e la BBC. Il suo discorso “Come esploriamo le domande senza risposta in fisica” è stato pubblicato sul sito TED ed è stato visualizzato circa 1,5 milioni di volte. Collabora con programmi radiofonici e documentari ed è apparso su testate come The New York Times, Wired e Gizmodo. Prima di diventare fisico, Beacham ha studiato come filmmaker, e collabora tuttora con diversi artisti. Nel 2015 ha lanciato Ex/Noise/CERN, un progetto che esplora le connessioni tra fisica delle particelle da un lato, e musica e film sperimentali dall’altro.
Thomas Struth, fotografo tedesco tra i massimi esponenti della fotografia contemporanea
Thomas Struth è nato nel 1954 a Geldern, in Germania, e ha studiato presso l’Accademia d’Arte di Düsseldorf. Parte della prima generazione di artisti che hanno studiato con Bernhard e Hilla Becher negli anni ‘70, ha trascorso un anno a New York. Dove ha prodotto una serie di paesaggi urbani in bianco e nero. A metà degli anni ’80, Struth ha iniziato una serie di ritratti in bianco e nero e a colori, sia di individui singoli che di gruppi familiari. Questo lavoro in continua evoluzione illustra la convinzione di Struth che la fotografia sia “uno strumento scientifico per l’esplorazione psicologica” e mira a cogliere il senso del reale attraverso l’immagine rappresentata, esplorando la nostra identità individuale e collettiva. In anni più recenti, Struth ha iniziato a interessarsi alle innovazioni tecnologiche e paesaggi artificiali. Per la rivista Nature & Politics, ha fotografato poli industriali, siti di ricerca scientifica, stazioni spaziali e teatri in attività. L’ampio repertorio di temi trattati da Struth include anche paesaggi naturali, con foto di foreste, deserti e giungle. Il lavoro di Struth è esposto in molte collezioni d’arte, tra cui alcune delle più importanti gallerie e musei in tutto il mondo.
Interventi
IL GAP TRA QUELLO CHE VOGLIAMO SAPERE E COSA POSSIAMO SPERIMENTARE
James Beacham – Fisico delle particelle dell’esperimento ATLAS al CERN
Il rapporto tra arte e scienza è allo stesso tempo veramente complesso e molto semplice: la scienza e l’arte stimolano domande sul mondo. Nella prospettiva scientifica cerchiamo di ridurre la natura entro conoscenze fondamentali che ci facciano comprendere le sue regole di base, poniamo domande per ottenere strumenti che ci permettano un maggior controllo. Come esseri umani siamo curiosi su noi stessi, sul nostro ruolo nell’Universo e nel mondo, vogliamo capire meglio.
Nella prospettiva artistica (che si tratti di pittura, scultura, film, poesia) tutto è basato su quanto ci sembra bello e di successo e non su strumenti o criteri oggettivi. Nella prospettiva scientifica cerchiamo di capire cose che per gli esseri umani sono impossibili da sperimentare direttamente (non potrai mai tenere tra le tue mani il Bosone di Higgs): c’è un gap ontologico tra quello che vogliamo sapere e quello che possiamo sperimentare. E la via di collegamento tra questi due punti estremi sono gli scienziati, che solitamente presentano i loro risultati attraverso grafici, numeri, pubblicazioni. Ma nel modo in cui decido di presentare al mondo il mio lavoro ci possono essere anche componenti artistiche.
LA POSSIBILITÀ DI OSSERVARE QUALCOSA IN SILENZIO
Thomas Struth – Fotografo tedesco tra i massimi esponenti della fotografia contemporanea
Quando lavori come artista è naturale trovarsi in un contesto di questo genere, a parlare di quello che fai, delle domande più grandi che ci pone l’esistenza. Tutto quello che pensiamo, tutto quello che comunichiamo riguarda l’umanità. In questo senso va inquadrato, per esempio, il mio lavoro sulla famiglia, sul ritrarre un nucleo familiare in un preciso istante e in un determinato momento storico: è porre l’attenzione al fatto che tutti, senza via di scampo, siamo nati all’interno una famiglia.
Il mio lavoro di fotografo è iniziato facendo pittura, ho trasportato poi tecniche e strumenti dalla tela alla macchina fotografica: è stato un modo di passare da una dimensione privata a una pubblica. In un certo senso mi sono messo a lavorare con uno strumento più scientifico ed efficiente, che ti permette di ripetere. L’arte ti dà la particolare possibilità di osservare qualcosa in silenzio – il mio è un approccio molto classico – la particolare opportunità di rappresentare qualcosa di contemplativo, di riflessivo: è una cosa che apprezzo molto e che trovo particolarmente importante oggi.
UNA COLLABORAZIONE CHE PRODURRA’ RISULTATI IMPORTANTI
Tobia Bezzola – Direttore MASILugano Museo d’Arte della Svizzera italiana
Il MASI è molto felice e fiero che il rapporto tra Fondazione IBSA e il nostro Museo si stia ancora rafforzando, perché ci permette di pianificare per il futuro e ci permetterà di portare ancora di più in questo territorio personaggi importanti dal mondo dell’arte e dal mondo della scienza e di farli dialogare.
Siamo molto fieri di avere con noi oggi Thomas Struth, uno degli artisti e fotografi più importanti del mondo, che ha sempre dimostrato nel suo lavoro una profondità intellettuale e, quindi, si presta idealmente a una conversazione con uno scienziato di punta come James Beacham.
Oggi si incontrano due personaggi del più alto livello nei rispettivi ambiti, e questo promette una conversazione molto interessante.
UNO SGUARDO SCIENTIFICO CHE NON HA PAURA DI ALTRI SGUARDI
Giada Marsadri – Operatrice culturale
Il rapporto tra arte e scienza è stretto, spesso non lo vediamo e lo rifiutiamo anche, perché ci sembra molto difficile: in fondo sono due mondi anche molto diversi. Ammetto di avere più un debole per l’arte, quindi credo che l’arte ci possa avvicinare alla scienza in un modo differente. Ci vogliono le persone adatte per farlo, ed esperimenti come questo vanno nella direzione giusta, perché credo che la scienza spaventi ancora molti: molti pensano che sia noiosa, difficile, e invece l’arte, che parla più alla pancia che alla testa delle persone, può aiutarci a capire meglio anche la scienza.
Della collaborazione con Fondazione IBSA ho apprezzato l’apertura mentale, l’interdisciplinarietà, l’avere uno sguardo diverso, uno sguardo che naturalmente rimane scientifico ma non ha paura delle arti e degli altri sguardi. Mi affascina in maniera particolare ragionare su un tema in maniera diversa da quello che pensiamo sia l’unico approccio.
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