La lotta al virus zika compie un passo avanti che potrebbe essere significativo, grazie a uno studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One dai virologi della Stritch School of Medicine della Loyola University di Chicago (Stati Uniti). I ricercatori hanno infatti prodotto in laboratorio sei diversi anticorpi monoclonali che potranno essere utili per una rapida diagnosi ma anche, potenzialmente, per la cura di questa malattia, che finora ha colpito più di un milione e mezzo di persone.
Gli anticorpi monoclonali (prodotti grazie a tecniche di ingegneria genetica per raggiungere un bersaglio “prefissato” dai ricercatori) sono diretti verso la capsula del virus e sono stati realizzati con una tecnica relativamente semplice ed economica: caratteristica importante, perché i principali focolai di infezione sono stati quasi sempre registrati in Paesi poveri o in zone nelle quali, comunque, le strutture sanitarie sono poco presenti o male attrezzate. Questi anticorpi, inoltre, possono essere manipolati con facilità, perché aderiscono a una semplice carta da filtro, senza la necessità di particolari tipi di conservazione. Se entrano in contatto con campioni di sangue contenenti il virus, cambiano colore, e la conferma della presenza di zika è quindi immediata.
I ricercatori hanno deciso di sintetizzare sei diversi anticorpi monoclonali perché il virus presenta diverse varianti, che sono diventate altrettanti bersagli per gli anticorpi. Il virus è trasmesso dalle zanzare del genere Aedes (nelle zone equatoriali soprattutto da Aedes aegypty), ed è presente in Africa, ma anche in Paesi dell’America centrale e meridionale. L’infezione di per sé non è particolarmente pericolosa (provoca sintomi sovrapponibili, in parte, a quelli dell’influenza, oltre a eruzioni cutanee e cefalea), ma se il virus colpisce donne incinte può, invece, causare gravi malformazioni al feto (microcefalia e altre). Per questo da tempo si cercavano rapidi e sicuri test di diagnosi, capaci di individuare subito la malattia. Gli anticorpi monoclonali sintetizzati a Chicago, in realtà, oltre a individuare il virus potrebbero indurre anche una sorta di immunizzazione, andando a bloccare anche zika nel sangue: nuove sperimentazioni sono in corso.