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L’arte del fumetto parte II: la sceneggiatura

Scritto da Stefano Santarelli | 11 ago 2022

La sceneggiatura nel fumetto ha un ruolo fondamentale, ancora più che nel cinema perché la realizzazione dell’opera non ha, come nel film, la mediazione del regista.

 

Scrivere le immagini
Dopo che la nostra brillante idea è stata sviluppata nel soggetto e questo è stato approvato dall’editore come raccontavamo nel nostro ultimo articolo, siamo finalmente arrivati alla fase finale del nostro lavoro.

Attenzione però, la sceneggiatura è il momento più importante, quello definitivo. È da essa, infatti, che nascerà il fumetto vero e proprio. Dopo averla scritta e revisionata più volte, verrà affidata al disegnatore. Le parole si tramuteranno in immagini e segni. Tutto quello che scriviamo arriverà stavolta al lettore, filtrato e mediato dalla creatività del disegnatore.

Dunque, la sceneggiatura rappresenta molte cose insieme. Il compimento del processo creativo, uno strumento di lavoro per il disegnatore, il mezzo tecnico attraverso il quale un fumetto prende vita. Se il soggetto rappresenta il racconto della storia in forma di prosa, la sceneggiatura trasforma questo racconto in una narrazione visiva, fatta di scene e sequenze. Si può dire che la sceneggiatura rappresenti la visualizzazione delle idee e delle emozioni.

Proprio in questo consiste la principale differenza tra uno scrittore di romanzi o racconti e uno sceneggiatore. Il primo pensa per parole e per concetti, il secondo deve pensare per immagini. Ed è questa la difficoltà maggiore. Perché il pensiero, appunto, si sviluppa ed articola in parole, ma non sempre le parole sono disegnabili. E allora se nel soggetto ho usato la forma letteraria, dovrò operare una vera e propria traduzione per ottenere una sceneggiatura che sia realizzabile. In altri termini in un fumetto le emozioni ed i sentimenti vanno resi con delle azioni.

Tutto nel fumetto, ma in un certo senso anche nel cinema, è azione. Laddove per azione non si deve intendere solo il pistolero che si getta a terra sparando all’impazzata contro gli indiani, ma l’agire, ossia il fare. Si dice che in teatro i personaggi riferiscono l’azione o ne parlino prima che avvenga. Mentre nel cinema e nel fumetto i personaggi parlano mentre agiscono. E, infatti, il teatro è parola. Cinema e fumetto, invece, sono azione. Il fumetto ancora più che il cinema. Perché la libertà di movimento dei personaggi è illimitata e dipende solo dalla fantasia dell’autore, mentre il cinema è comunque legato al mezzo tecnico. Sceneggiare significa scrivere le immagini.

Come una composizione musicale scritta per un trio d’archi, anche la sceneggiatura del fumetto si può suddividere in tre diversi momenti: regia, dialoghi, onomatopee che, pure essendo distinti, devono andare a creare un’unica armonia. La regia consiste nelle indicazioni al disegnatore, i dialoghi attengono agli scambi verbali tra i personaggi e le onomatopee sono i rumori, quelli che nel cinema vengono detti effetti sonori.

Disegnare le parole
Il disegnatore, ricevuta e letta la sceneggiatura, capito il senso della storia, le caratteristiche psicologiche e la funzione di ciascun personaggio per prima cosa gli fornisce volto e corpo. Senza di essi, infatti, non potrà passare alle fasi successive.

Ha bisogno dei personaggi per pensare e schizzare le inquadrature prima nel lay-out, poi nello storyboard. Quindi passa al disegno a matita. Qui si può giovare della propria abilità tecnica e un buon professionista, deve conoscere a perfezione le regole dell’anatomia, della prospettiva e del disegno dal vero. Nessuno, infatti, quanto un disegnatore di fumetti, deve possedere un così vasto bagaglio professionale.

La maggiore difficoltà che incontra il disegnatore è di dover riprodurre la realtà con dei segni grafici. Può farlo in vari modi: c’è chi usa uno stile quasi fotografico, iperrealista, chi un segno complesso fatto di tratteggi e molti segni e chi stilizza il più possibile portando anche all’estremo il linguaggio iconico caratteristico del fumetto. In ogni caso ogni disegno deve rispondere ai criteri di credibilità e verosimiglianza. Non importa che una pistola sembri vera, ma devo poter credere che spari e deve essere verosimile che il suo proiettile uccida. Per questo il disegnatore di fumetti parte sempre dal vero.

La matita, infine, ha un ruolo ben preciso nell’economia dell’intero disegno: ne costituisce le fondamenta. Ne è la base solida. È sul disegno a matita che il disegnatore esegue il cosiddetto ripasso a china.

Tecnicamente questa fase consiste nel ripassare il disegno a matita con l’inchiostro. In gergo viene denominata “china”, perché, appunto, l’inchiostro utilizzato è quello di china. Ma alcuni professionisti utilizzano anche altri strumenti: dal pennarello alla penna biro, dal pennino al pennello, fino a software specifici.

È con la china che si fornisce uno stile al disegno. Chiunque abbia consuetudine con i fumetti è in grado di distinguere un autore dall’altro. Ciò accade per un insieme di fattori. Per il modo di raccontare, certo. Se usa linee aperte o chiuse, anche. Ma soprattutto per il segno. È il segno che, come dimostra la storia della pittura, contraddistingue gli artisti. È nel segno che l’autore mette, talvolta inconsapevolmente, il proprio “io”.

Il colore, infine, può essere altrettanto espressionista della china. Ovvero raccontare emozioni, stati d’animo e punti di vista dell’autore. Tant’è che sostituisce nei fatti la stessa china, quando il fumetto non è in bianco e nero.

Ed ecco che, alla fine di questo lungo e meticoloso processo, le nostre pagine sono pronte per essere stampate e prendere orgogliosamente posto negli scaffali di una libreria o di un’edicola.