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Arte e risata: le cure che guariscono le ferite psicologiche dei conflitti mondiali

Scritto da Catterina Seia | 28 gen 2025

In un mondo lacerato da guerre, migrazioni forzate e crisi umanitarie, milioni di persone devono affrontare traumi profondi e sfide quotidiane nella difficile ricostruzione di una vita dignitosa. In questo contesto, l’arte e la risata emergono come interventi umanitari fondamentali, capaci di alleviare il peso psicologico, favorire l’integrazione sociale e offrire una concreta speranza per il futuro.

Secondo UN Refugee Agency, nel 2023 oltre 117 milioni di persone, l’8% in più rispetto all’anno precedente, sono state costrette a lasciare il proprio paese per fuggire da persecuzioni, conflitti, violenze e violazioni dei diritti umani.
Rispetto a dieci fa, il numero delle persone forzatamente dislocate è raddoppiato, anche a causa dei crescenti conflitti in corso. Nella maggior parte dei casi, hanno subito perdite significative, problemi fisici e numerosi altri fattori di stress che possono provocare disagi a livello psicologico.
Come non pensare alle migliaia di bambine e bambini che sono nati e stanno nascendo in contesti di conflitto e che saranno inevitabilmente segnati a vita da questa esperienza traumatica?

Secondo il rapporto di Save The Children, nel 2023, 473 milioni di bambini, quasi uno su 5, viveva in una zona belliche.    

Numerose sono le evidenze scientifiche che dimostrano il contributo positivo, sia economico che sociale, delle persone costrette a migrare. Garantire il loro ben-essere, che rappresenta un diritto fondamentale e una questione di dignità umana, è anche nell’interesse delle società ospitanti. Queste ultime hanno il dovere di garantire loro le migliori condizioni di vita possibili. In questa direzione, è importante curare i processi di acculturazione ovvero, secondo la definizione attuale, i cambiamenti nella cultura di un popolo come conseguenza del contatto con altre culture che, se promossi e sviluppati positivamente, hanno effetti nell’autodeterminazione e autoefficacia a molti livelli, sociale, politico, economico.

Attività artistiche per il benessere dei rifugiati  

Le linee guida IASC (Inter-Agency Standing Committee) sulla salute mentale e il supporto psicosociale in contesti di emergenza presentano diverse modalità in cui i governi e gli altri attori sociali possono sostenere la salute mentale e il ben-essere delle persone in migrazione forzata, per il superamento dei traumi e l’inclusione in nuovi contesti. Tra queste compare la partecipazione ad attività artistiche e culturali, come evidenziato dal report Arts and health: supporting the mental well-being of forcibly displaced people, pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2022.

Dalla revisione sistematica della letteratura promossa dall’OMS, emerge che il coinvolgimento, sia attivo che passivo, in attività artistiche è in grado di migliorare la salute e il ben-essere delle persone sfollate a livello psicologico, comportamentale e sociale.
Dal punto di vista psicologico, l’ingaggio in attività artistiche e culturali promuove l’espressione emotiva e creativa, riduce i sentimenti di dissociazione e incoraggia il rilassamento, la speranza e la crescita personale. Potenzia inoltre l’autostima, il senso di agency e la capacità di gestire i problemi quotidiani. Le esperienze artistiche, in particolar modo quelle teatrali, si rivelano inoltre capaci di aiutare nell’elaborazione di esperienze - soprattutto traumatiche o di lutto,– supportando la regolazione emotiva e l’adozione di proficue strategie di adattamento.
Dal punto di vista sociale, per le persone sfollate partecipare ad esperienze artistiche è un supporto nella (ri)costruzione di una normalità quotidiana e di una nuova identità culturale, facilitando le possibilità di comunicazione ed espressione delle proprie opinioni anche su temi di giustizia sociale. Inoltre, queste attività promuovono interazioni sociali, creando amicizie, senso di appartenenza e rispetto per le diversità culturali, e favorendo in generale l’integrazione sociale anche con la comunità di arrivo.
Dal punto di vista comportamentale, è stato dimostrato che prendere parte ad esperienze artistiche promuove nelle persone rifugiate competenze personali quali empatia, leadership, competenze di comunicazione, espressione emotiva e una migliore comprensione dei temi di salute. Per di più, esse incoraggiano l'adozione di comportamenti e strategie cooperative, riducendo le difficoltà comportamentali e favorendo la condivisione di competenze. Infine, sostengono nello sviluppo di abilità pratiche che risultano richieste e utili nel mercato del lavoro.

Il contributo di RED NOSES per tornare a sorridere

In questa direzione, il report OMS, tra i numerosi programmi, segnala quello dell’ che, a partire dal 2013, l’organizzazione no-profit di clownerie RED NOSES ha sviluppato in risposta alle emergenze nei territori colpiti da crisi di diverso genere (disastri naturali, campi profughi, guerre) rivolte soprattutto, ma non solo, a bambini e bambine, in accordo con le aree di maggiore efficacia delle arti per la salute indicate da OMS (salute e digitale, ben-essere dei giovani, invecchiamento della popolazione, salute e clima).

Il progetto aspira a promuovere il ben-essere emotivo, una maggiore inclusione sociale e a rispondere ai bisogni psico-sociali delle persone in contesti di crisi. Per farlo, RED NOSES invia clown sanitari appositamente formati in aree di crisi, in collaborazione con organizzazione locali già operanti in loco. La missione è condividere il potere ristoratore della risata con chi ne ha più bisogno, nella convinzione che l’arte e l’umorismo abbiano il potenziale di sviluppare un approccio alla cura compassionevole e incentrato sulla persona.

In quest’ottica, RED NOSES ha testato e sviluppato diversi format di intervento da adattare ad ogni specifico gruppo.

Gli spettacoli di clownerie hanno l’obiettivo di portare gioia, normalizzare i fallimenti e ristabilire una connessione autentica tra il pubblico e le proprie emozioni, oltre che tra le persone stesse.

I laboratori di umorismo sono rivolti a operatori umanitari, personale medico e volontari nei contesti di crisi con l’obiettivo di migliorare il ben-essere emotivo e il lavoro di squadra, sia nei contesti di intervento che nei rapporti tra colleghi.

All’interno dei “Circus smile workshop”, clown professionisti insegnano a ragazze e ragazzi tecniche di giocoleria, acrobazia e magia per condurli a una performance davanti ad amici e parenti, permettendo così di spostare il focus da una situazione di crisi all’apprendimento di qualcosa di nuovo che possa far sentire i ragazzi visti, apprezzati e responsabilizzati.

Le parate musicali sono invece delle camminate performative in cui diversi clown che suonano invitano le persone ad aggiungersi al coro itinerante per brevi, medie o lunghe distanze a seconda del contesto.

RED NOSES supporta inoltre le organizzazioni umanitarie durante gli interventi medici (ad esempio, accompagnando e promuovendo le campagne vaccinali).

Questi progetti raggiungono bambini, anche con disabilità, minori non accompagnati, famiglie, comunità e operatori umanitari in molti paesi che vivono situazioni di crisi diverse quali Ucraina, Turchia, Georgia, Marocco, Grecia, Mozambico, Moldavia, Serbia, Kossovo e Sudan. A questo link, si possono trovare le storie e le testimonianze dal campo: https://emergencysmile.rednoses.org/stories-from-the-field/.

L’arte come parte essenziale degli interventi umanitari

Come indicano sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia le linee guida IASC- Inter Agency Standing Committee, la partecipazione artistica è una risorsa fondamentale, in contesti colpiti da guerre e crisi umanitarie, accanto ad aiuti medici e di sopravvivenza, così come nell’inclusione delle persone in nuovi ambienti sociali.
Infatti, come scrive Natalie Porias, CEO di RED NOSES, «l’arte va oltre le cure mediche e la sopravvivenza. Ci rende umani».

 

         

 

A cura di Catterina Seia (Presidente CCW – Cultural Welfare Centre) e Marta Reichlin (PhD, Cultural Welfare Center (CCW), Research Area)