Barbara McClintock è stata la terza donna a vincere il premio Nobel per la Medicina, dopo Gerty Cory e Rosalyn Yalow, e l’unica donna a ricevere da sola, senza condivisione, questo prestigioso riconoscimento.
Barbara è stata premiata nel 1983 per la scoperta dei trasposoni, gli elementi genetici capaci di spostarsi da una posizione all’altra del genoma (il patrimonio genetico che caratterizza ogni organismo vivente): un’intuizione geniale e rivoluzionaria, che risaliva all’inizio degli anni Cinquanta e che fu osteggiata per lungo tempo da gran parte della comunità scientifica.
La storia di Barbara
La mia vita è stata ben vissuta, perché ho potuto dedicarmi a ciò che più mi piaceva.
[Barbara McClintock]
Barbara nacque ad Hartford in Connecticut nel 1902. Il padre era un medico, la madre un’artista (pianista e pittrice).
Fin dalle scuole superiori, Barbara si appassionò alla genetica. A quell’epoca i corsi all’Università di questa disciplina erano vietati alle donne e Barbara dovette iscriversi a botanica e specializzarsi poi in citologia, studiando genetica come materia accessoria. Già all’inizio degli anni Trenta, alcuni suoi lavori sui cromosomi della pianta di mais vennero pubblicati dalla prestigiosa rivista ‘Science’.
Nel 1944 Barbara divenne membro dell’Accademia americana delle scienze e l’anno successivo fu la prima donna a essere eletta presidente della Genetics Society of America. Malgrado questo, nel 1951 molti suoi colleghi contestarono i risultati che presentò a un simposio scientifico: Barbara annunciò di aver identificato alcuni geni che, a seconda di dove si spostavano su un cromosoma, facevano assumere colori diversi ai chicchi di una stessa pannocchia.
Le sue conclusioni – il genoma non ha una struttura statica ed è soggetto a cambiamenti e alterazioni – aprivano la strada alla moderna genetica cellulare, ma erano troppo originali e rivoluzionarie per la visione scientifica del tempo, che concepiva i geni come entità fisse sui cromosomi e incapaci di spostarsi.
“O questa donna è pazza o è un genio” disse di lei il genetista Joshua Lederberg (Nobel per la Medicina nel 1958).
Fu solo molto più tardi che Barbara vide riconosciuti i suoi meriti. Ricevette così la National Medal of Science nel 1970, l’Horwitz Prize e il Premio Wolf nel 1981 e infine il Premio Nobel per la Medicina nel 1983.
Morì a New York nel 1992.
La sua personalità
Già durante gli anni del college Barbara manifestò una personalità decisamente anticonformista: indossava i pantaloni, portava i capelli corti, suonava il banjo in un gruppo musicale che si esibiva in vari club.
Anche il suo talento scientifico emerse subito: fin da principio dimostrò una particolare acutezza nelle osservazioni al microscopio ottico, e presto acquisì una grande padronanza delle analisi citogenetiche (lo studio dei cromosomi delle cellule).
La cosa importante è sviluppare la capacità di vedere che un seme è diverso dagli altri, e capire perché e in che cosa consiste questa differenza. […] Occorre avere il tempo di guardare, la pazienza di ascoltare ciò che le cose hanno da dire.
[Barbara McClintock]
Barbara si distinse anche perché non seguiva il classico pensiero logico e sequenziale, tipico della scienza: a una straordinaria capacità di osservazione e di comprensione della natura univa un metodo di lavoro basato su una visione globale e un approccio intuitivo.
Spirito libero e indipendente, Barbara scelse di non sposarsi per dedicare completamente la sua vita alla ricerca scientifica. Apparentemente esuberante ed estroversa, ma in realtà piuttosto timida e riservata, fu sempre consapevole dell’importanza del suo lavoro e di essere un punto di riferimento per molte altre donne che avevano deciso di intraprendere la carriera scientifica.
Le sue ricerche
La sua scoperta più importante è la cosiddetta trasposizione genetica: Barbara affermò che gli elementi genetici si potevano trasferire da un cromosoma all’altro in modo apparentemente coordinato e che il codice genetico di un organismo era flessibile, in quanto costantemente stimolato dall’ambiente circostante.
Questa visione non concepiva un percorso predeterminato nell’accrescimento di un essere vivente e ipotizzava l’esistenza di un sistema dinamico, sottoposto a regolazione da parte dell’intera cellula.
Sulla base di queste considerazioni Barbara scoprì l’esistenza dei trasposoni, geni con funzione di controllo sull’attività di altri geni, in grado di cambiare proprietà saltando all’interno di un cromosoma o tra cromosomi diversi.
Il lavoro di Barbara fu ignorato per decenni dalla comunità scientifica, ma lo studio di questi elementi genetici si è poi rivelato fondamentale in ambito medico.
In molte ricerche successive è stato riconosciuto ai trasposoni un ruolo anche nella trasformazione delle cellule sane in cellule tumorali e nella trasmissione della resistenza.
Nina Chhita è l’artista e l’illustratrice dell’account Instagram @nina.draws.scientists, i cui soggetti di predilezione sono le donne: scienziate contemporanee e pioniere. L’avventura inizia con l’intento di far scoprire figure storiche e, in quanto scienziata lei stessa, gravitanti attorno al mondo scienza. Da allora sono stati scritti articoli su BBC news e Mental Floss. I suoi capolavori sono apparsi sui social media dell’Università di Oxford, dell’Università di Bath, Dementias Platform UK e in un video YouTube di Vanessa Hill. Nina vive a Vancouver dove lavora come scrittrice medica creando contenuti educativi per gli operatori sanitari.