Quello della storica della scienza Laura Snyder è un racconto che parte da lontano. Per la precisione, inizia il 24 giugno 1833, quando l’Associazione Britannica per l’avanzamento della scienza tiene il suo terzo incontro all’Università di Cambridge. Quel giorno prende la parola il poeta Samuel Taylor Coleridge, che esclama: “Dovete smetterla di definirvi filosofi naturali.”
In quel preciso momento viene dichiarata la separazione tra filosofia e scienza. Non solo. Un giovane borsista di Cambridge, William Whewell, replica a Coleridge così: “Se si ritiene che ‘filosofi’ sia un termine troppo ampio e nobile, allora, per analogia con ‘letterato’, potremmo coniare la parola ‘scienziato'”.
E’ la prima volta che la parola scienziato è pronunciata in pubblico. Prima di quell’incontro, gli studiosi del mondo naturale sono considerati solo bravi dilettanti. Da allora in poi diventano scienziati, professionisti con un particolare metodo scientifico, obiettivi specifici, società e fondi di ricerca.
Questa rivoluzione epocale la dobbiamo a quattro uomini geniali: Charles Babbage, John Herschel, Richard Jones e William Whewell.
Come rievoca Laura Snyder:
Charles Babbage inventò il primo calcolatore elettronico e il primo prototipo del computer moderno. John Herschel ha tracciato la mappa stellare dell’emisfero australe, e, nel tempo libero, ha contribuito a inventare la fotografia. Richard Jones divenne un importante economista che poi ispirò Karl Marx. E Whewell non solo coniò il termine scienziato, oltre ai termini anodo, catodo e ione, ma fu il capostipite della grande scienza internazionale con la sua ricerca globale sulle maree. Nell’inverno di Cambridge fra il 1812 e il 1813 i quattro si incontravano in quelle che definivano colazioni filosofiche. Parlavano di scienza e della necessità di una nuova rivoluzione scientifica. Sentivano che la scienza era rimasta ferma ai giorni della rivoluzione scientifica del XVII secolo. Era tempo di una nuova rivoluzione, che loro si impegnavano a fare, e ciò che più stupisce di questi uomini è che non solo avevano grandiosi sogni di liceali, ma che li hanno effettivamente realizzati, andando perfino oltre le loro aspettative.
Nelle loro “colazioni filosofiche” i nostri quattro paladini della scienza si convincono della bontà del metodo scientifico induttivo, proposto circa 200 anni prima da Francesco Bacone e, successivamente, da Isaac Newton. Si tratta di un metodo che parte dall’osservazione e dalla sperimentazione per arrivare alle generalizzazioni sulla natura definite leggi naturali, che sono sempre soggette a revisione o smentita alla luce di nuove prove.
Le loro convinzioni, sottoposte al vaglio e alla conoscenza di filosofi naturali, studenti universitari e opinione pubblica, producono cambiamenti epocali.
I membri del club contribuiscono a formare alcune nuove società scientifiche, fra cui la British Association. Queste nuove società richiedono che i membri siano ricercatori attivi, che pubblicano i propri risultati. Ripristinano la tradizione della domanda/risposta dopo la lettura dei lavori scientifici, in precedenza sospesa dalla Royal Society perché ritenuta scortese. E per la prima volta, consentono alle donne di varcare la soglia della scienza.
E ancora. Su consiglio del club, la British Association comincia a usare i guadagni derivanti dai suoi convegni per assegnare borse di studio per la ricerca in astronomia, sulle maree, i pesci fossili, l’ingegneria navale e molti altri campi. Queste borse di studio non solo consentono a persone meno facoltose di fare ricerca, ma stimolano anche a pensare fuori dagli schemi, invece di cercare solo di risolvere problemi già esistenti.
Insomma, da quelle colazioni filosofiche è nato lo scienziato moderno. Ma, rileva Laura Snyder, c’è anche il rovescio della medaglia. Quella rivoluzione ha involontariamente prodotto l’attuale separazione fra la scienza e il resto della cultura. Una separazione che è tempo di superare.
Charles Darwin disse: “A volte penso che i trattati generici e popolari siano altrettanto importanti per il progresso della scienza dei lavori originali.” In realtà, “L’origine delle specie” fu scritto per un pubblico popolare e generico ed ebbe una grande diffusione appena pubblicato. Darwin sapeva ciò che noi sembriamo aver dimenticato: che la scienza non è solo per gli scienziati.