Frammenti di RNA persi nel sangue dalle cellule cancerose sembrano in grado di svelare precocemente la presenza del tumore del fegato, quando ancora è curabile con efficacia. Studio dell’Università di Nanchino (Cina).
Il carcinoma epatocellulare (in sigla, HCC), uno dei tumori più ostici da affrontare poiché spesso diagnosticato in ritardo, potrebbe essere contrastato più efficacemente in futuro, grazie a un nuovo biomarcatore genetico appena scoperto. Il biomarcatore appare in grado di svelare la presenza di questo tumore del fegato molto prima di quanto sia possibile fare attualmente, e di seguirne anche l’evoluzione nel tempo. Tutto ciò permetterebbe anche di impostare da subito percorsi terapeutici caratterizzati da maggiori probabilità di successo.Il nuovo marcatore è un frammento di uno dei diversi tipi di RNA, il tRNA (dove t sta per trasporto). Per la precisione, viene definito stRNA da small tRNA. Si sa da tempo che queste piccole sequenze di nucleotidi (componenti del codice genetico) hanno un ruolo specifico nell’insorgenza dei tumori, e infatti la loro concentrazione cresce sensibilmente quando è in atto il processo neoplastico.
Alcuni frammenti di RNA persi nel sangue dalle cellule cancerose sono già stati associati a specifici tumori, ma finora non erano stati trovati collegamenti con l’epatocarcinoma. A colmare il vuoto provvede ora una ricerca degli epatologi dell’Università di Nanchino, in Cina, che sembrano avere identificato la “firma” genetica di questo tumore, già nelle fasi iniziali (nel cosiddetto stadio I). Il frammento in questione si chiama tRF-Gln-TTG-006, ed è individuabile con un semplice prelievo di sangue.
Un promettente biomarcatore della diagnosi precoce del carcinoma epatocellulare
Stando a quanto riferito sulla rivista scientifica Frontiers of Medicine, la specificità di tRF-Gln-TTG-006 è emersa dal confronto tra i valori rilevati in 24 malati di epatocarcinoma e quelli quantificati in 24 persone sane, di controllo. Inoltre, la sensibilità del marcatore, verificata in circa 150 pazienti e in altrettante persone sane, si è rivelata alta (intorno all’80%) anche per tumori di stadio I: valori superiori al marcatore oggi più utilizzato per monitorare l’epatocarcinoma, l’alfa-fetoproteina.
Infine, ulteriori prove di laboratorio hanno confermato che tRF-Gln-TTG-006 interviene nei processi di morte cellulare programmata (apoptosi, in termine tecnico) e nella formazione di colonie di cellule proliferanti: interviene, cioè, nei due fattori classici della crescita tumorale. Le cellule cancerose, infatti, si moltiplicano in modo eccessivo per una regolazione sbagliata della loro duplicazione, o perché non scatta il suicidio programmato.
«Sulla base della nostra ricerca – conferma Yanbo Wang, docente all’Università di Nanchino e coordinatore dello studio – l’stRNA è un promettente biomarcatore della diagnosi precoce del carcinoma epatocellulare».
Lo studio verrà esteso a un numero più ampio di pazienti, per convalidarne definitivamente l’affidabilità.
Il ruolo dei virus dell’epatite
Si calcola che, a livello mondiale, sia il quinto carcinoma più comune fra gli uomini e l’ottavo nelle donne (è più diffuso in Asia rispetto a Europa e Stati Uniti). Se non viene diagnosticato precocemente, è difficile da curare, per la sua natura aggressiva (resistente spesso alla chemioterapia e radioterapia) e perché la diffusione ai vasi sanguigni circostanti rende spesso impossibile la chirurgia.