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schizofrenia
Paolo Rossi Castelli11 feb 20212 min read

Covid, la schizofrenia è un alto fattore di rischio

Secondo uno studio della New York University, le persone con questa patologia hanno il triplo delle probabilità di morire, rispetto alla media, e dunque vanno protette in modo particolare.

 

Chi è malato di schizofrenia, un disturbo mentale caratterizzato da deliri, allucinazioni e altre forme di alterazione della realtà, ha un rischio molto più alto di morire – quasi triplo – rispetto alla media, se contrae il Covid-19. 

Lo dimostra uno studio della Grossman School of Medicine (New York University), pubblicato dalla rivista scientifica Jama Psychiatry

I risultati di questa ricerca forniscono indicazioni significative non solo per quanto riguarda le strategie di prevenzione e vaccinazione, nei confronti dei malati di schizofrenia, ma anche sul versante della conoscenza delle due malattie (Covid e schizofrenia, appunto) e degli “intrecci” fra il sistema nervoso e quello immunitario.

Fin dall’inizio della pandemia gli esperti hanno cercato possibili fattori di rischio anche nell’ambito delle malattie mentali. Alcuni studi (basati, però, su piccole casistiche) avevano collegato i disturbi psichiatrici in generale a un’aumentata vulnerabilità verso il Covid, ma la relazione con la schizofrenia era rimasta poco chiara. Gli psichiatri e i neurologi della Grossman School of Medicine hanno allora deciso di esaminare un numero molto ampio di pazienti, puntando l’attenzione non solo sulla schizofrenia, ma anche sull’ansia e sui disturbi dell’umore

In particolare, hanno analizzato 7348 cartelle cliniche di uomini e donne trattati per Covid-19 negli ospedali “NYU Langone” di New York City e Long Island, fra il 3 marzo e il 31 maggio 2020, e hanno selezionato quel 14% di loro che soffriva di schizofrenia (l’1% del totale), ansia (4,9%) o disturbi dell’umore (7,7%). Quindi hanno verificato la mortalità a 45 giorni dalla diagnosi, e si sono resi conto che gli schizofrenici avevano un rischio di morte 2,67 volte più alto della media, mentre gli altri non mostravano un’aumentata probabilità di effetti nefasti.

Ciò pone la schizofrenia, scrivono i ricercatori, al secondo posto come fattore di rischio in caso di Covid dopo l’età (avere più di 75 anni significa essere esposti a un rischio di morte 35,7 volte più alto di quello della popolazione più giovane), davanti a molti altri già noti come il sesso maschile, l’obesità, la presenza di altre patologie. E fa della schizofrenia un caso unico, non spiegabile con il fatto che i malati hanno un’aspettativa di vita mediamente inferiore di 15 anni rispetto alla popolazione generale, consumano più sigarette e alcolici, e hanno comportamenti che li possono spingere all’isolamento (e quindi al mancato accesso alle cure tempestive). Non sembrano responsabili neppure i farmaci assunti per curare la schizofrenia (anche se tale aspetto va approfondito).

Questa patologia ha anche una base genetica, che potrebbe avere un ruolo. Ma negli ultimi anni si è fatta avanti anche l’ipotesi infiammatoria, secondo la quale la schizofrenia sarebbe il risultato di un’infiammazione cronica del cervello causata da agenti ancora ignoti. Visto che il Covid sconvolge profondamente gli equilibri del sistema immunitario, provoca infiammazione e si localizza anche a livello cerebrale, i ricercatori stanno cercando di capire quali siano i reciproci rapporti tra le due malattie. E chiedono con forza che gli schizofrenici vengano collocati nelle graduatorie delle vaccinazioni con la massima priorità, in quanto soggetti particolarmente fragili.

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Paolo Rossi Castelli

Giornalista dal 1983, Paolo si occupa da anni di divulgazione scientifica, soprattutto nel campo della medicina e della biologia. È l'ideatore dello Sportello Cancro, il sito creato da corriere.it sull'oncologia in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi. Ha collaborato per diversi anni con le pagine della Scienza del Corriere della Sera. È fondatore e direttore di PRC-Comunicare la scienza.

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