Fin dal periodo perinatale, l’ascolto della lettura ad alta voce e della musica produce benefici nell’apprendimento precoce. Le Arti si rivelano una risorsa nei percorsi di prevenzione primaria come nella promozione della Salute; fanno la differenza nella salute mentale, nell’invecchiamento attivo, nella cura nelle patologie croniche degenerative come l’Alzheimer, nel recupero post-operatorio e più in generale per il benessere percepito dagli individui. Gli effetti sono dimostrati anche sul prolungamento delle aspettative di longevità.
I progetti culturali nei luoghi di cura come gli interventi a favore della Salute nei luoghi della Cultura sono innumerevoli. Le esperienze toccano un’ampia gamma di target, curati e curanti, con diversi linguaggi artistici e più approcci disciplinari. Ma sono ancora pulviscolari.
Un contributo alla consapevolezza del contributo della Cultura alle determinanti della Salute è favorito dalle nuove frontiere della ricerca scientifica.
Le neuroscienze hanno identificato le strutture neurali coinvolte nella sensazione di benessere e ricompensa, dimostrando come il piacere estetico le stimoli, aprendo la ricerca all’influenza dell’esperienza culturale sull’attività connettiva, la struttura e la biochimica cerebrale.
La psicologia positiva ha spostato dopo decenni l’enfasi dai deficit alle potenzialità di sviluppo individuale ed è oggi chiaro il ruolo delle emozioni nei processi di elaborazione cognitiva dello stress, fenomeno che ha impatti sulle increzioni ormonali.
La visione olistica viene confermata dalla PNEI-psiconeuroendocrinoimmunologia, nella quale convergono più discipline scientifiche, dimostrando la correlazione tra sistemi (endocrino-immunitario-psichico).
Più recentemente l’epigenetica ha evidenziato come gli stili di vita possano contribuire alla modifica del comportamento dei geni in grado di regolare il “concerto della vita”.
A tutto ciò si unisce un’innovazione tecnologica che cresce a ritmi esponenziali, cambierà la medicina del futuro e abiliterà ulteriormente le nostre vite.
Si tratta di nuove e stimolanti piste che orientano verso un approccio biopsicosociale alla Salute, considerata esito dell’interdipendenza di una pluralità di fattori e accendono l’attenzione sulla salutogenesi, ovvero sulla ricerca dei fattori che mantengono o riportano le persone in Salute.
Già nel 1948, nel proprio atto costitutivo, l’OMS la definisce andando ben oltre la dicotomia tra presenza o assenza di patologie, ponendo l’accento sul benessere. In questa direzione, nel 1994, con il termine life skills introduce una gamma di abilità/competenze cognitive, emotive e relazionali di base, sviluppabili attraverso l’apprendimento, che consentono alle persone di essere in grado (enable) di far fronte con resilienza alle sfide della vita quotidiana, maturare efficacia, autostima e fiducia in sé stessi.
In questa prospettiva, la relazione tra la Cultura e la Salute può diventare una alleanza strategica. OMS ha dedicato al tema il proprio rapporto 2019 Health Evidence Network Synthesis Report 67, presentato a Helsinki lo scorso novembre. Dai positivi risultati di questa review (la più ampia mai realizzata in tema, con l’analisi di 900 studi che si riferiscono ad altri 3000, prodotti negli ultimi 20 anni in lingua russa e inglese), l’Ente raccomanda ai policy makers di creare le condizioni per sviluppare studi, ricerche, competenze e politiche in questa direzione.
I cross over culturali, ovvero le relazioni sistematiche e sistemiche tra mondi fino ad oggi debolmente interconnessi come Cultura e Salute, sono sempre più considerati come pilastri per politiche sanitarie, sociali, civili, ambientali in grado di far fronte alle sfide della sostenibilità ambientale, economica e sociale come espresse Agenda ONU 2030. Anche nell’edizione 2020 del World Economic Forum di Davos questi temi, la care economy e lo sviluppo a base culturale, sono stati trattati come presupposti per la sostenibilità sociale.
I tempi sono dunque maturi per delineare nuovi paradigmi per sostenere le sfide della contemporaneità.
L’impatto psicosociale di Covid19 ha messo in evidenza l’importanza del benessere e il contributo centrale della cultura e dell’arte alla nostra salute mentale e alla nostra capacità di coesione sociale, in una parola alla fioritura umana. Se in questa drammatica circostanza un gran numero di persone non avesse potuto disporre, anche attraverso un’accelerazione della fruizione digitale, di un’ampia offerta di risorse culturali e non si fosse anche autonomamente attivata con azioni culturali individuali e collettive, i costi psicologici e umani immediati della pandemia sarebbero stati notevolmente superiori. E tuttavia, per chi vive situazioni di svantaggio o di fragilità e non ha accesso, opportunità, risorse e capacità per prendersi cura del proprio benessere personale e di quello dei propri cari, il Covid19 ha significato un ulteriore aggravamento della propria condizione.
In questo scenario, sempre più i temi dello sviluppo umano, profondamente connessi alla Cultura, diventeranno parte integrante delle strategie di prevenzione e cura e di promozione della Salute, coniugando la costruzione di significati condivisi con il senso di appartenenza sociale. Coinvolgendo attori e portatori di interesse pubblici e privati, lavorando in un’ottica multidisciplinare, multilivello e intersettoriale. E, come ha affermato OMS in apertura di un proprio seminario in tema, “autori, artisti, creativi, esperti delle scienze umane e sociali possono aiutarci a riflettere sulle emozioni umane per consentire di comprendere lo stato di benessere delle persone, di una comunità e addirittura di un paese. E aiutarci a migliorarlo”. Come pre-requisito di sviluppo sociale ed economico.