© Photo credits: Roberto Cinconze, archivio Dance Well
Il tema del Welfare culturale entra per la prima volta nel prestigioso rapporto annuale Symbola sulle imprese culturali e creative, Io sono Cultura.
L’articolo, a firma di Catterina Seia con Annalisa Cicerchia (primo ricercatore ISTAT), tratta del crescendo dei progetti artistici orientati al benessere, “dentro e fuori i luoghi della cultura, dentro e fuori i luoghi della cura”.
“Negli ospedali si narra, si legge, si fa musica, danza, teatro. Musei e teatri offrono percorsi esperienziali a persone con patologie degenerative e ai loro carer. Crescono i progetti artistici che nei territori coinvolgono scuole, carceri, comunità svantaggiate per una rigenerazione umana in tutto l’arco dell’esistenza, dal periodo perinatale alla quarta età- e il cui rapporto fra costi ed efficacia si va confermando molto favorevole.” Alcuni sono riconosciuti come buone pratiche di promozione della salute e di medical humanities, ma essendo la maggior parte di piccole dimensioni e frammentari fino ad oggi sono state privi della capacità di orientare la decisione politica. Come afferma l’economista della Cultura Pier Luigi Sacco, associate founder CCW, “ciò che manca è la capacità di metterle a sistema in un contesto territoriale e farne elemento trainante di una nuova strategia di qualità sociale che alimenti il ridisegno in corso del welfare, un welfare generativo. Occorre favorire il passaggio dalle piccole, numerose sperimentazioni pilota, alla messa a punto di vere e proprie politiche territoriali, per consentire a queste pratiche di produrre un impatto. Per generare innovazione sociale la pratica deve trasformarsi in politica.”
Tra le best practice – inclusa nei casi di interesse scientifico nel rapporto OMS – il Dance Well – movement research for Parkinson, percorso ideato e promosso da Roberto Casarotto del Centro per la Scena Contemporanea Casa della Danza di Bassano del Grappa. Il percorso, in dialogo con le diverse strutture sanitarie, ha radici in sperimentazioni condotte con successo da quasi venti anni negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi. Dal 2013, le persone che vivono con il morbo di Parkinson, i loro carer e tutti coloro che desiderano unirsi, in accessibilità universale, si incontrano nelle sale del Museo Civico, per danzare insieme tra i capolavori di Canova. L’arte è “espressione del proprio corpo. I partecipanti sono dancers e proprio come danzatori – non come persone col Parkinson – affrontano le classi di danza” e nel contempo migliora il loro senso dell’equilibrio e del movimento, si sviluppano relazioni interpersonali e si spezza l’isolamento. Dal 2015 è esportato in altri territori nel nord Italia e nel 2019 è arrivato in Giappone, al Metropolitan Art Museum di Tokyo, a Kyoto e Kanazawa.
Il progetto Musei Toscani per l’Alzheimer è attivo in Italia in una rete di oltre 60 musei che sviluppano con i propri Dipartimenti educativi attività per le persone con demenza e per coloro che se ne prendono cura, condotta da professionisti con competenze specifiche ed esperienza nella geriatria e cura delle demenze, cosi come nell’ambito artistico, educativo e museale. Questa ibridazione consente di elaborare attività inclusive che coinvolgono i carer, rafforzandoli negli approcci relazionali per gestire questa complessità. Non solo visite speciali al museo, ma un itinerario partecipato lungo mesi, di interazione creativa e sensoriale con le opere d’arte. Il progetto prende avvio agli inizi del 2000 al Mo.Ma di New York, cuore di una strategia di accessibilità universale, anche per persone con disabilità cognitive che ha registrato impatti nella qualità della ricerca artistica, come nella qualità della vita delle persone affette da demenza e di chi se ne occupa, per passare a sperimentazione di terapie della reminiscenza e all’interazione creativa. In Italia guidano lo sviluppo due musei fiorentini: Palazzo Strozzi e Marino Marini, project leader del progetto di formazione superiore Erasmus+ “MA&A Museums Art & Alzheimer’s”, che ha coinvolto cinque paesi europei tra il 2015 e il 2017.
Questi due progetti hanno in comune l’origine in contesti internazionali, la presa in carico di grandi sfide contemporanee, la traduzione territoriale declinata in ragione delle specificità a livello locale, la co-progettazione interdisciplinare tra gli operatori sanitari, socio-assistenziali e culturali e le loro strutture, il coinvolgimento della “filiera di cura” (carer familiari e professionali, rilevanti per un approccio biopsicosociale al percorso di gestione e trattamento delle patologie), creazione di nuove competenze e processi di valutazione scientifica.
Tutti elementi indispensabili per l’esportabilità delle progettualità oltre i contesti in cui sono stati sviluppati e per l’incorporazione in politiche.
Catterina Seia
Membro dell’Advisory Board di Fondazione IBSA; Founder CCW Cultural Welfare Center; Co-Founder e Vice-Presidente della Fondazione Fitzcarraldo; Vice-Presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna.