Sperimentato con successo negli Stati Uniti un particolare sacco a pelo che aiuta a riportare i fluidi del corpo verso i piedi, impedendo che in assenza di gravità si accumulino nel cranio e danneggino i globi oculari.
Si chiama SANS, da sindrome neuro-oculare associata al volo spaziale, e da tempo preoccupa coloro che studiano la permanenza degli astronauti in condizioni di micro o zero gravità, sia di breve che di lunga durata.
Si caratterizza per il tipico gonfiore degli occhi, accompagnato da progressiva perdita di proporzioni armoniche del volume del globo oculare, allentamento del nervo ottico e perdita di capacità visiva: tutti effetti causati dal venir meno della giusta pressione intracranica causata appunto dalla riduzione, o dall’assenza, di gravità.
Il fenomeno (noto da almeno un decennio) inizia a determinarsi già dopo poche ore passate in orbita, e peggiora quando gli astronauti dormono, visto che, quando il corpo è supino, i fluidi tendono a distribuirsi ovunque, comprimendo i tessuti cerebrali e tutto ciò che si trova racchiuso nella scatola cranica, e compromettendo la vista.
Le ripercussioni possono essere anche molto gravi, perché un sensibile calo della capacità visiva può mettere a rischio l’esecuzione dei compiti assegnati nella navicella spaziale, e perché, anche dopo il rientro sulla Terra, gli astronauti possono avere deficit visivi non recuperabili: secondo la NASA, più della metà di coloro che hanno soggiornato per oltre tre mesi nella Stazione Spaziale Internazionale è vittima di SANS. Occorre dunque trovare un rimedio.
In passato, per ovviare a questo problema sono state proposte diverse soluzioni, ma nessuna ha mai dato prova di reale efficacia, o fornito soluzioni in grado di prevenire, piuttosto che curare gli effetti. Ora, però, un sacco a pelo a pressione negativa messo a punto dall’équipe di Benjamin Levine della Southwestern University di Dallas (Texas), che da anni si occupa di medicina aerospaziale, potrebbe costituire un reale passo in avanti. Lo dimostrano i dati ottenuti su dieci volontari che ne hanno fatto uso.
Tre giorni sdraiati nel simulatore
Come riferisce la rivista scientifica JAMA Ophtalmology, i dieci volontari – tutti senza malattie cardiovascolari, renali o oftalmologiche, dell’età media di 29 anni (in un range compreso tra 18 e 55 anni), per metà donne – sono rimasti coricati per tre giorni in un simulatore spaziale, per misurare i parametri di controllo, sia durante la veglia, che nel sonno. Poi, durante i successivi tre giorni, sono rimasti per otto ore al giorno in uno speciale sacco a pelo che, esercitando una pressione negativa pari a 20 millimetri di mercurio sulla parte inferiore del corpo, ha impedito che i fluidi, in quella posizione, risalissero fino al cranio, e ha ripristinato il loro spostamento verso i piedi.
Dunque il dispositivo, che rappresenta l’ottimizzazione di analoghi strumenti sperimentati negli anni scorsi, ha funzionato, ed è apparso in grado di frenare la sindrome neuro-oculare.
Un aiuto per i viaggi verso Marte
Il sacco a pelo a pressione negativa, su cui dovranno essere effettuati ulteriori studi per capire, per esempio, il tempo di permanenza e le condizioni di pressione ottimali, potrebbe essere adottato nelle missioni spaziali (a maggior ragione in quelle che porteranno l’uomo su Marte, con un viaggio che dovrebbe durare circa due anni), per prevenire conseguenze a lungo termine della SANS, al momento sconosciute.
Inoltre, il nuovo tipo di sacco a pelo potrebbe abbassare il rischio anche di altre conseguenze negative associate alla microgravità quali, per esempio, l’aumento del rischio di fibrillazione atriale, o la confusione mentale denunciata da diversi astronauti (chiamata da loro stupidità spaziale), di origine ignota ma riconducibile anch’essa alle alterazioni dei fluidi intracranici.