Innanzitutto il SARS-CoV-2, a differenza dei suoi “parenti” più vicini, è capace di attaccare le cellule in più punti e, una volta entrato, dispone di un repertorio molto diversificato di molecole dannose. Inoltre – scrive Cyranoski – questo virus è dotato di sistemi molto sofisticati per correggere gli errori che si verificano quando il suo codice genetico si duplica. In tale modo SARS-CoV-2 può permettersi di non accumulare mutazioni in grado di indebolirlo. Questo è forse uno dei motivi per cui alcuni farmaci antivirali, come la ribavirina, attivi contro virus come quello dell’epatite C, non riescono a domare il SARS-Cov-2. La ribavirina, infatti, agisce inducendo una serie di mutazioni, ma nel SARS-Cov-2 i sistemi di correzione ne annullano gli effetti.
I diversi tipi di coronavirus, si sa, provocano soprattutto infezioni respiratorie (dal banale raffreddore al Covid-19). Ma quelli del raffreddore si fermano al tratto iniziale del sistema respiratorio, mentre quelli che innescano la MERS (sindrome respiratoria mediorientale) e la SARS (sindrome respiratoria acuta severa) si trovano a loro agio nei polmoni e poco, o pochissimo, in gola. Il SARS-CoV-2, invece, riesce a fare entrambe le cose, cioè infettare il naso e la gola, ma anche direttamente i polmoni, con grande capacità. Questa doppia porta gli dà un vantaggio e spiega il perché della sua grande infettività: SARS-CoV-2 può liberare particelle virali dalla gola nella saliva prima che si presentino i sintomi della malattia, e queste particelle si trasmettono facilmente da una persona all’altra. Il virus SARS-CoV, responsabile della SARS, è assai meno capace, in questo, e si trasferisce da una persona all’altra solo quando i sintomi sono molto chiari: circostanza che ne ha rallentato la diffusione.
Quando arriva nella gola, o nei polmoni, SARS-CoV-2 si lega a un recettore delle cellule chiamato ACE2 e taglia letteralmente un piccolo tratto delle sue “spine”, per fonderle con la parete cellulare. Da lì fa poi entrare nella cellula il codice genetico virale, che si duplica tramite le “attrezzature” cellulari. Anche in queste operazioni SARS-CoV-2 mostra tutte le sue capacità, perché riesce a legarsi al recettore ACE2 con una probabilità da 10 a 20 volte superiore rispetto a SARS-CoV. Ma non basta: per tagliare le proteine della sua spina, utilizza (o, almeno, così sembra) un enzima della cellula, chiamato furina. Questo preoccupa i ricercatori, perché la furina è molto abbondante nel tratto respiratorio e si trova, comunque, un po’ dappertutto nell’organismo. Tanto per avere un’idea, la furina è l’enzima che viene utilizzato anche da Ebola e dal virus HIV.