La salute è vera solo se condivisa? Si può fiorire come individui e come società, combattere il senso di vuoto e insoddisfazione generale allenando l’affettività, la positività e le nostre potenzialità. L’arte, ad esempio, gioca un ruolo fondamentale nell'aiutarci a prosperare e nell’ aumentare il senso di benessere.
La salute è “solo” una questione di sanità fisica e mentale o essere in salute include la piena fioritura come individui e comunità, il raggiungimento della pienezza?
Nei primi anni del duemila la psicologia positiva iniziò a promuovere una visione ampia della “salute mentale volta a valorizzare le potenzialità, la motivazione, le capacità individuali, senza negare o trascurare la patologia e la disfunzionalità la sofferenza delle persone, famiglie e comunità” (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000).
Fa il suo ingresso il concetto di Flourishing (prosperità) come configurazione di benessere soggettivo e psico-sociale. Uno dei primi ad utilizzare questo termine fu Corey Keyes, docente all’Università Emory, per indicare il raggiungimento del più alto grado di salute a cui aspirare, soprattutto mentale (Keyes e Haidt, 2002). Nella sua traduzione letterale il significato è fiorire, ovvero “vivere un ventaglio di possibilità di funzionamento che connota produttività, crescita e resilienza” (Keyes, Shmotkin e Ryff, 2002), ricavare soddisfazione, affettività positiva e slancio vitale.
La prospettiva è allo stesso tempo edonica ed eudaimonica. Edonica, come ciò che rende felici: una dimensione del piacere legato a emozioni positive (Kahneman, Diener, & Schwarz, 1999). Eudaimonica come costruzione di significati, l’auto-realizzazione delle potenzialità individuali (Ryan & Deci, 2001), relazione con il mondo (Nussbaum & Sen, 1993), per una visione salutogenica (Antonovsky, 1979), dei fattori e contesti che contribuiscono a realizzare ben-essere.
Contro il languishing: percorsi e tecniche
l Flourishing “enfatizza le risorse e potenzialità dell’individuo anziché carenze, deficit e patologie” ed è quindi presupposto per la promozione della salute in un approccio bio-psico-sociale (Seligman e Csikszentmihalyi, 2000). È una strategia attivabile in tutto l’arco di vita, dall’infanzia alla terza età, per progettare percorsi di potenziamento e ri-attivazione delle risorse personali per affrontare e gestire in modo duttile, ottimistico e positivo le sfide che ci presenta la vita. E aiuta a strutturare riserve cognitive per superare il rischio di “languishing” cioè il languire in uno stato di malessere, la mancanza di motivazione e di mete, il senso di vuoto che una gran parte della popolazione ha sperimentato dopo il caos, il dolore e lo stress della pandemia e le incertezze del contesto internazionale.
Dal 2014 l’Università della Pennsylvania porta avanti Humanities and Human Flourishing- HHF un programma interdisciplinare, per esplorare come le arti possano contribuire a generare ben-essere, individuale e comunitario, a farci fiorire. Arti intese in senso ampio, antropologico, ciò che ci rende umani. Il progetto, realizzato all'interno del centro di psicologia positiva dell’università, è stato fondato ed è diretto da James O. Pawelski, pluripremiato professore di psicologia positiva.
Cuore del programma sono la ricerca, la comunicazione scientifica e la sua divulgazione. Dal percorso sono state infatti prodotte pubblicazioni scientifiche di riferimento, come una collana di otto libri, ognuna dedicata a una delle discipline umanistiche prese in considerazione in rapporto al ben-essere: studi religiosi e teologia, filosofia, storia, studi sui film e sui media, letteratura, studi sul teatro e sulla performance, musica e arti visuali. Con The Oxford Handbook of the Positive Humanities vengono raccolte riflessioni di autori provenienti da diverse discipline che illustrano i percorsi neurologici, cognitivi, emozionali, comportamentali e sociali che conducono al ben-essere nelle loro relazioni con le arti e le humanities.
Tra gli ambiti indagati da HHF, quello museale ha un posto di rilievo, con diverse linee di azione. Già nel 2019 l’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development) in un report realizzato congiuntamente con ICOM (International Council of Museum) aveva messo in evidenza il ruolo potenziale dei musei nel promuovere ben-essere.
Il progetto di ricerca Art Museums for Wellbeing indaga e approfondisce i meccanismi di interazione, delle diverse pratiche per favorire il disegno di percorsi di ben-essere sulla base dell’impatto atteso.
L’ Art Museums and Human Flourishing è focalizzato sull’innovazione digitale che sta rivoluzionando le strategie delle istituzioni culturali, le relazioni e il comportamento dei pubblici e investiga il potenziale di salute delle esperienze di fruizione artistica in un ambiente virtuale. Uno dei progetti consisteva nell’esaminare gli effetti di prosperità della visione di opere d'arte in una galleria virtuale. Per questo esperimento è stato preso in considerazione un campione di 687 persone in quattro sessioni di fruizione nel corso di cinque settimane, con istruzioni di visione variabili progettate per aumentare l'immersione nell’esperienza. A un campione di partecipanti è stata proposta la lettura dell’opera d’arte, ma non la sua visione, che si è rivelata determinante rispetto alla profondità dell’esperienza. L’aumento generalizzato del livello di ben-essere non si è rivelato correlato alle diverse condizioni di immersività che, analizzate in alcune dimensioni attraverso la somministrazione di quesiti in scala Likert, hanno segnalato aspetti predittivi sul ben-essere, come l’impegno, la creazione di significato, il senso di autonomia (Cotter, K.N.; Crone, D.L.; Rodriguez-Boerwinkle, R.M.; Boerwinkle, M.; Silvia, P.J.; Pawelski, J.O., 2022).
Con la ricerca The Core Art Museum Survey for Well-Being, in collaborazione con il proprio network museale -Carnegie Museum of Art, il museo di Andy Warhol e il Westmoreland Museum of American Art- l’Ente ha identificato best practices sulla base di cinque aree relative al Flourishing dei visitatori. Le esperienze virtuose hanno inciso positivamente sul disagio psicologico e sull’empatia, significato, autostima positiva e connessione sociale.
Ma dal progetto Museum Professionals and Well-Being che indaga, nella concretezza delle esperienze e pratiche museali, quanto gli esiti di salute siano effettivamente un obiettivo dei musei, emerge che la strada da compiere è ancora molta. L’analisi è condotta attraverso analisi qualitative (questionari, osservazioni) volte a comprendere le strategie, le competenze e le pratiche dei professionisti museali. Dall’intervista di oltre 200 operatori di più di 100 musei USA, è emerso che il ben-essere dei visitatori non è ancora una priorità per molte realtà, come il disegno di obiettivi di ben-essere. Dalla ricerca emerge inoltre che i musei attualmente non sono sufficientemente organizzati e competenti rispetto a questa sfida sociale (Katherine N. Cotter, Damien L. Crone & James O. Pawelski, 2022) e si raccomanda una maggiore collaborazione tra operatori museali e ricercatori per esplorare questo orizzonte di possibilità. Per favorire lo sviluppo di queste prospettive HHF sta lavorando a un tool per la valutazione del ben-essere generato sui visitatori.
Cosa distingue l’approccio programma universitario Humanities and Human Flourishing configurando un modello di ispirazione? L’adozione di un modello concettuale rigoroso (Tay, Pawelski, & Keith, 2018; Shim, Tay, Ward, & Pawelski, 2019) che analizza la partecipazione nelle arti/humanities dal punto di vista del what, del contenuto dello specifico coinvolgimento culturale, del how, ovvero come l’arte in oggetto coinvolge dal punto di vista comportamentale e attitudinale e del why, dei fini e dei propositi di tale coinvolgimento. Include uno spettro ampio di arti, ma le verifica in modo puntuale, con modalità diversificate in relazione alle pratiche. Bilancia la dimensione di ricerca e riflessione teorica con quella di ricerca empirica sul campo, collegando gli studi alle esperienze in una logica di reciproco potenziamento e nutrimento.
Non mancano, più vicino a noi da questa parte dell’oceano, esperienze sia di pratica sia di ricerca in questo campo. A operatori, ricercatori, visitatori, alla comunità intera, il compito di coltivarle per farle e farci fiorire.
By Catterina Seia –Presidente CCW- Cultural Welfare Center
Marta Reichlin- PHD, Area Ricerca CCW