Esiste un legame molto stretto fra il sistema immunitario e il microbiota intestinale (cioè l’insieme dei batteri “buoni” che vivono nel nostro intestino).
In pratica, la quantità e la composizione della flora batterica (come si diceva in passato) influenzano, fino a modellarla, la produzione dei diversi tipi di cellule che costituiscono le difese dell’organismo. Questa informazione generale è nota da tempo, ma i dettagli lo sono molto meno.
Ora, però, un importante studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature, permette di fare chiarezza su numerosi aspetti cruciali.
A realizzare questa ricerca sono stati gli oncologi del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, che sono partiti da una considerazione: quando si deve sottoporre un paziente con una leucemia o un linfoma a un trapianto di midollo osseo (che contiene le staminali del sistema immunitario), per eliminare le cellule malate, si distrugge il midollo stesso tramite una chemioterapia molto aggressiva, che azzera di fatto l’apparato difensivo dell’organismo, ma si annientano anche, nello stesso tempo, i batteri dell’intestino, per effetto dei potenti antibiotici che vengono somministrati in contemporanea al paziente, per proteggerlo da possibili infezioni (visto che il suo sistema immunitario resta fuori uso per alcuni giorni).
Se non subentrano complicazioni, nelle settimane successive al trapianto gli antibiotici vengono ridotti gradualmente, e così la microflora intestinale comincia a riprendersi e a ristabilirsi, tornando piano piano a una situazione normale. Nello stesso tempo, anche le cellule staminali del nuovo midollo (ottenuto da un donatore) cominciano a riformarsi, “producendo” i linfociti e le altre cellule del sistema immunitario.
Dato che il Memorial Sloan Kettering è uno dei principali centri degli Stati Uniti per quanto riguarda i trapianti di midollo, gli oncologi hanno pensato di sfruttare la grande casistica di cui l’ospedale dispone per studiare nel dettaglio come la nascita dei nuovi batteri dell’intestino si “intrecci” alla creazione delle nuove cellule del sistema immunitario: un’occasione davvero unica.
Hanno quindi analizzato i campioni di sangue e feci di oltre duemila pazienti (per un totale di oltre diecimila campioni) sottoposti a trapianto, dei quali avevano informazioni cliniche e prelievi quotidiani, per controllare in parallelo l’andamento del sistema immunitario e quello del microbiota. Così si sono resi conto che esiste una relazione molto precisa fra l’insediamento delle diverse specie batteriche e lo sviluppo delle cellule immunitarie, e che i cambiamenti sono molto rapidi: quando una specie di batteri “buoni” aumenta o diminuisce, subito si vede il contraccolpo sulle cellule del sistema immunitario.
Questo tipo di informazioni potrà essere molto utile per intervenire su eventuali squilibri, ad esempio rafforzando un certo tipo di microrganismi per indirizzare la risposta immunitaria in una direzione voluta.
In altre parole, sarà possibile pilotare, entro certi limiti, la composizione (e dunque l’efficacia) del sistema immunitario tramite la somministrazione o la “cancellazione” di determinati tipi di batteri.
Ma nuovi studi saranno necessari. Allo Sloan Kettering, in ogni caso, è stato potenziato il database, che continua ad arricchirsi di dati di pazienti, e che sarà una vera miniera di informazioni anche per le ricerche future.