Di intelligenza artificiale (Artificial Intelligence, in sigla AI) si sente parlare sempre più spesso, e non di rado con toni preoccupati, per il timore che questo tipo di tecnologia possa portare via spazio all’ingegno umano o, addirittura, “dominarlo”. Ma uno studio pubblicato sulla rivista Nature da un team di ricercatori dell’Università di Münster (Germania) fa capire meglio di tante parole che cosa l’AI possa fare per noi: svolgere compiti spesso noiosi e ripetitivi, che richiedono un grande dispendio di tempo ed energie agli esseri umani.
In questo caso, l’ambito erano le “vie” chimiche per produrre, nel modo più rapido e conveniente possibile, nuove molecole a scopo industriale. I ricercatori tedeschi hanno istruito i loro computer con quasi tutte le reazioni note, circa 12,4 milioni, e hanno poi hanno chiesto alle “macchine” di proporre le soluzioni migliori (le reazioni chimiche più efficienti) per sintetizzare 9 molecole, utilizzando un sistema di intelligenza artificiale messo a punto dal chimico Marwin Segler e dagli informatici dell’università. Poi, alla fine dell’elaborazione, i ricercatori hanno eseguito un test in cieco, come dicono i tecnici: hanno fornito, cioè, a 45 “giudici” (chimici tedeschi e cinesi) le soluzioni proposte dall’Intelligenza Artificiale, ma anche quelle ideate dagli esperti (umani) dell’ateneo di Münster, senza specificare quale fosse l’origine. E gli interpellati non hanno riscontrato differenze tra le soluzioni proposte, dimostrando così che quelle selezionate dall’AI erano altrettanto valide rispetto alle altre.
Fin dagli anni ’60 le industrie hanno cercato di seguire questa via, ma solo recentemente si è arrivati ad applicazioni efficienti. E il software ideato da Segler, secondo gli esperti, è particolarmente avanzato, perché “impara” da solo i dati e non ha bisogno dell’intervento umano per implementarli.
Molte aziende stanno acquistando programmi come questi: per esempio, la Merck ne ha comprato uno coreano chiamato Chematica per una cifra che non è mai stata rivelata, e altri colossi del settore stanno facendo lo stesso, per migliorare le fasi di ricerca di nuovi farmaci.