In questo filmato, l’artista tedesca Hito Steyerl spiega che ha realizzato una sorta di guida sul come rendersi invisibili. E ha voluto riflettere su una curiosa domanda: nella società contemporanea, come si fa a non farsi vedere?
Una domanda che porta con sé ulteriori riflessioni.
In una recente conferenza, l’artista ha affermato: “Sono arrivata a capire che molte cose sono assolutamente invisibili anche quando le abbiamo sotto gli occhi”. E, d’altra parte, come recita il titolo del video, “Essere invisibili può essere mortale”.
Non devono sorprendere queste considerazioni da parte di un’artista che da molti anni esplora il ruolo che hanno la tecnologia, la circolazione delle immagini e l’Intelligenza Artificiale nel plasmare le nostre emozioni e la nostra esperienza del reale. Una ricerca spiazzante e sorprendente, perché cambia spesso il punto di vista, mettendosi nei panni dell’ ”altro”.
In una installazione del 2016, intitolata “Hell Yeah We Fuck Die” (Eh già, dannazione, moriamo) Steyerl indagava le performance e l’estrema precarietà dei robot. E nella sua recente “The City of Broken Windows” (La città delle finestre rotte, 2018), in mostra fino al 30 giugno al Castello di Rivoli (Torino), utilizza schermi, finestre, cristalli liquidi per legarli insieme in un’opera che ruota attorno a registrazioni alterate di suoni e documenta il processo di apprendimento dell’Intelligenza Artificiale, a cui nell’industria e nella tecnologia della sicurezza si insegna come riconoscere il rumore di finestre che si rompono.
Per Steyerl, si tratta di un’occasione per indagare come l’Intelligenza Artificiale possa influenzare l’ambiente urbano e la produzione di arte in spazi pubblici.
Spiega l’artista:
“Cerco di lavorare molto con le nuove tecnologie. Opere che sono una combinazione di eventi creati ad arte (fiction) con passaggi documentaristici. Mescolanza di personaggi veri e caratteri inventati, parti create ed eventi realmente accaduti. (…)
La circolazione delle immagini porta all’idea dell’immagine come qualcosa di liquido e che attraversa diversi stati. L’immagine ha comunque bisogno di una fisicità, e ha bisogno di un vettore. L’immagine digitale come “immateriale” è totalmente un’illusione. In questa stanza abbiamo un proiettore, uno schermo: anche se si tratta di immagini digitali, sono fisiche”.
Secondo Steyerl non si può escludere che un giorno l’arte possa interagire con il pubblico, adattandosi al gusto dell’individuo grazie al riconoscimento facciale e ai programmi che insegnano a interpretare la mimica degli esseri umani.
E dobbiamo abbandonare l’illusione che ogni immagine sia una creazione personale: oramai è quasi sempre il risultato dell’interazione con reti informatiche amplissime e onnipresenti.
Ma queste non sono certezze, ma solo ipotesi sull’esito di una partita che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e il cui finale è ancora tutto da scrivere.