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Giacinto Di Pietrantonio19 lug 20234 min read

Icone Digitali: riflessioni contemporanee

Il dibattito sulla relazione tra tecnica e pensiero nel contesto digitale solleva questioni sull’estetica e l’etica. 
Le immagini digitali come immagini-testo e il rapporto con la cultura ortodossa evidenziano una fusione tra mito-magico e razionale.

Una cosa certa è che, da che mondo è mondo, si è aperto un dibattito tra chi pensa che la tecnica, oggi la tecnologia, preceda il pensiero e chi crede che questa segua il pensiero. Invece, alcune posizioni più recenti affermano che esse siano naturalmente interconnesse.

Un’altra cosa che va detta è che, dallo stato di natura a quello della cultura, l’umanità ha, nel corso del tempo, artificializzato  più o meno scientemente, scientificamente e tecnicamente il pianeta, creando così il mondo in cui viviamo.

La sostituzione della materialità

Una delle conquiste più recenti e dibattute, infatti, insiste sul come la tecnologia digitale si stia impadronendo della terra, sostituendosi sempre più alla sua consistente materialità che è anche sinonimo di realtà. Non a caso quando si vuole richiamare qualcuno alla concretezza gli si dice di stare con i piedi per terra.

Una condizione, quella del mondo digitale in cui gli individui, anche in questo caso, si dividono in apocalittici e integrati , come già concettualmente delineava Eco nel suo libro del 1964. Una di queste voci riguarda le immagini digitali e dunque pure la ricaduta estetica di tale tecnologia, che ha anche risvolti etici, nella società.

Una questione che ci dice come, prima che l’umanità si incamminasse sulla via della scienza per come la intendiamo oggi, questa sia passata al vaglio della religione e/o di forme similari.

Dalla scrittura all’icona

Una bella giornata, nella culla della nostra civiltà, qualcuno in Grecia, creò la filosofia, spostando il discorso dal cielo alla terra e dal mito al logos e, dunque, dalla magia alla techne. Una nuova dimensione assunta anche dal mondo digitale che, generato da scienza e tecnica, sembra aver in qualche modo reintrodotto al suo interno la dimensione mito-magica.

Una riflessione ulteriore a questo punto va aggiunta: quella che parte dal linguaggio utilizzato per definire, nominare alcune parti del mondo digitalizzato, in primis quella dell’immaterialità. Una immaterialità contraddistinta anche dal fatto che definiamo icone molte, se non tutte, le immagini di cui il digitale è fatto e/o veicola. Una questione centrale è che le icone digitali, pur apparendo come immagini, sono costituite da testi scritti. Infatti, se noi apriamo un jpeg con un programma di testo, ad esempio word, vediamo che l’immagine non c’è più e, al suo posto, compare un codice fatto da una serie di lettere e numeri, da una scrittura.
A rovescio anche la scrittura appare sullo schermo come icona ad esempio il pdf.

Icone sacre come...

Una e molte cose ci introducono a riflettere tutto questo come, ad esempio, il fatto che l’immagine, o icona digitale, visto che come detto è strutturalmente fatta di testo, corrisponde per questo più a un libro che come sappiamo è fatto maggiormente di testo che a un album di figure. Una volta affermato ciò, possiamo stabilire una relazione con la religione ortodossa, la quale considera le icone sacre, i dipinti religiosi, non come immagini ma come un sacro libro scritto.

Una cosa appare a questo punto evidente e cioè che, se è vero che il termine icona vuol dire vera immagine, è pur vero che l’icona sacra è vista dagli ortodossi come un libro alla stregua della Bibbia e del Vangelo. Una icona è intesa come una scrittura, non una rappresentazione figurativa di Dio, Gesù, Madonna e santi, ma incarnazione delle stesse, perché icone achiropite considerate non fatte dall’uomo, ma da Dio e santi stessi.

Una funzione, quella dell’immagine-testo che, come l’allora Bibbia dei poveri, è ancora più pregnante perché si considera l’ente presente portatore di verità, come potatore della verità ci appare il mondo digitale a cui continuamente ricorriamo per trovare risposte del nostro essere onlife, un’esistenza in cui le immagini-testo sono sempre più fatte dal dispositivo e non più dall’uomo. Una volta appurato ciò, appare evidente che nella cultura ortodossa per definire le icone non vengono utilizzati termini artistici, ma letterari. Infatti, gli ortodossi non dicono “dipingere un’icona”, ma “scrivere un’icona” pur essendo essa un’immagine dipinta. 

Una condizione parallela sembra condividerla la dimensione digitale, in quanto fatta essa stessa di scrittura, codici alfanumerici, algoritmi che rimandano all’idea condivisa dal mondo giudaico cristiano, ma prima ancora egiziano, di: “In principio era il verbo”, di un mondo-universo che è creato dalla parola. Una parola, o parole che però deve-devono essere pronunciate, diventando suono, come, in modo simile, nella cultura induista è il suono primordiale dell’OM a creare, o pangenerare l’universo mondo.


A cura di Giacinto Di Pietrantonio 

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Giacinto Di Pietrantonio

Curatore dipendente dall'Arte

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