Fra le novità portate dal Covid-19 ce n’è una, l’ennesima, che ha lasciato sconcertati i ricercatori: l’influenza classica è sparita, o quasi.
A sottolineare questa “stranezza” è un interessante articolo della rivista scientifica Nature, scritto da Nicola Jones.
Dati alla mano, dice Jones, nell’emisfero australe, dove l’inverno è ormai passato, l’influenza stagionale non ha quasi colpito, mentre il virus SARS-CoV-2, responsabile della malattia Covid-19, si è fatto sentire con forza, come nel resto del mondo.
Merito delle misure anti-Covid, appunto (lockdown, mascherine, distanza sociale), che hanno tenuto lontano anche i virus dell’influenza più tradizionali?
È probabile, ma non sicuro, perché invece altri tipi di virus respiratori, come quelli del comune raffreddore, hanno prosperato nell’inverno australiano e neozelandese, e nel resto dell’emisfero Sud. Come mai?
Bisogna intanto considerare che i rinovirus, responsabili della maggior parte dei raffreddori, non hanno un rivestimento lipidico (cioè formato da molecole grasse, che possono essere sciolte abbastanza facilmente da saponi e disinfettanti), a differenza di quello che avviene per i virus dell’influenza o per il SARS-CoV-2. Questo potrebbe essere un vantaggio, unito al fatto che i rinovirus possiedono una maggiore capacità di trasmettersi in modo asintomatico da una persona all’altra (così, almeno, si ritiene), e dunque possono circolare più liberamente, ad esempio, nelle scuole.
Ma torniamo ai virus influenzali. Dall’aprile al luglio del 2020, scrive Nature, i casi di influenza stagionale sono apparsi sorprendentemente pochi in Australia, Cile e Sudafrica, dove gli esperti hanno individuato solo 51 casi di influenza in più di 83’000 test eseguiti. E anche in alcuni Paesi sudamericani che non avevano fatto un buon lavoro per controllare il Covid, l’influenza è rimasta comunque bassa.
I motivi di questa débâcle dei virus influenzali durante l’inverno australe non sono ancora del tutto chiari, dicevamo. Forse un ruolo importante è stato svolto dal drastico calo dei viaggi da un Paese all’altro del mondo, che rappresentano un significativo veicolo di contagio, per tutti i microrganismi. E anche il forte incremento delle vaccinazioni antinfluenzali (molto accentuato soprattutto in Australia) ha dato il suo contributo.
Adesso gli esperti si chiedono se qualcosa di simile succederà, o sta già succedendo, anche nell’emisfero Nord, con possibili risvolti, per certi aspetti, inediti.
Innanzitutto, diventerebbe molto più difficile individuare i ceppi da utilizzare per il vaccino antinfluenzale del 2021 (i ricercatori cominciano a lavorare molti mesi prima, per preparare questo tipo di farmaco). Inoltre, aggiunge Nature, una stagione di bassa influenza potrebbe far scomparire in modo definitivo varianti meno comuni della malattia ma, nello stesso tempo, potrebbe anche lasciare spazio, nei prossimi anni, ad altre forme più resistenti e aggressive.
Tutti questi dubbi, comunque, portano a una constatazione finale sconcertante: nonostante la lunghissima storia che lega gli esseri umani ai raffreddori e all’influenza, i virus che provocano questi disturbi conservano ancora moltissimi misteri per noi…