Per diversi decenni, a cavallo tra il 1800 e il 1900, una delle terapie in voga più o meno per qualunque malanno prevedeva l’esposizione all’aria di mare, senza che vi fossero molti presupposti scientifici per consigliarla. Ora, però, uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications da un’équipe multidisciplinare di ricercatori californiani (tra i quali quelli della Scripps Institution of Oceanography, del Craig Venter Institute e dell’Università di San Diego) solleva più di un dubbio sulla bontà di quella credenza, fatta salva l’inalazione di iodio marino, che ad alcune persone fa sicuramente bene. I biologi e medici statunitensi hanno infatti scoperto che l’aerosol proveniente dal mare contiene molte specie batteriche e virali, alcune delle quali potenzialmente patogene per l’uomo.
Per giungere a questi risultati i ricercatori, che stanno lavorando al progetto dal 2010, si sono avvalsi di un’apparecchiatura molto sofisticata, presso l’Hydraulics Laboratory della Scripps Institution. Questa “macchina” convoglia l’acqua dell’oceano in un canale, dove vengono riprodotte le condizioni fisiche che danno origine alle onde. Gli esperimenti si sono protratti per 34 giorni e hanno portato all’identificazione di numerosi tipi diversi di batteri e di virus “lanciati” nell’aria dal moto ondoso. In particolare i ricercatori hanno trovato famiglie di Corynebacteria e Actinobacteria, non dannose per gli esseri umani, ma anche batteri pericolosi, come quello della Legionella o l’Escherichia coli (forse proveniente da scarichi inquinanti e rilanciato, poi, nell’aria). Per quanto riguarda i virus, sono stati identificati alcuni tipi di herpesvirus, fra i quali gli agenti infettivi di malattie come la varicella e l’herpes zoster, anche se la loro potenziale pericolosità in questa forma è ancora tutta da dimostrare.
Secondo i ricercatori, vengono trasportati ed espulsi dalle onde del mare soprattutto i microrganismi che hanno molecole di grassi e di cere nelle membrane o, comunque, nei rivestimenti. Queste sostanze li rendono, per così dire, “impermeabili” e dunque più facili da lanciare fuori dall’acqua.
Nei prossimi mesi gli studiosi cercheranno di capire fino a che punto i batteri e i virus potenzialmente infettivi possono viaggiare nelle acque del mare, e seguendo quali vie. Negli anni passati un gruppo di ricercatori californiani, guidato da Kim Prather, era già riuscito a dimostrare che molti tipi di microrganismi sono in grado di percorrere anche decine di migliaia di chilometri, tramite il vento, a volte entrando nell’oceano e riemergendo dall’acqua lungo il viaggio. Ma questo lungo cammino può modificare le loro caratteristiche chimiche e la capacità di infettare gli uomini (e anche i loro effetti sulla formazione delle nuvole…). Molti dei componenti chimici trovati negli aerosol marini, aggiungono i ricercatori, derivano invece da microrganismi che vivono stabilmente negli oceani.
Per giungere a questi risultati i ricercatori, che stanno lavorando al progetto dal 2010, si sono avvalsi di un’apparecchiatura molto sofisticata, presso l’Hydraulics Laboratory della Scripps Institution. Questa “macchina” convoglia l’acqua dell’oceano in un canale, dove vengono riprodotte le condizioni fisiche che danno origine alle onde. Gli esperimenti si sono protratti per 34 giorni e hanno portato all’identificazione di numerosi tipi diversi di batteri e di virus “lanciati” nell’aria dal moto ondoso. In particolare i ricercatori hanno trovato famiglie di Corynebacteria e Actinobacteria, non dannose per gli esseri umani, ma anche batteri pericolosi, come quello della Legionella o l’Escherichia coli (forse proveniente da scarichi inquinanti e rilanciato, poi, nell’aria). Per quanto riguarda i virus, sono stati identificati alcuni tipi di herpesvirus, fra i quali gli agenti infettivi di malattie come la varicella e l’herpes zoster, anche se la loro potenziale pericolosità in questa forma è ancora tutta da dimostrare.
Secondo i ricercatori, vengono trasportati ed espulsi dalle onde del mare soprattutto i microrganismi che hanno molecole di grassi e di cere nelle membrane o, comunque, nei rivestimenti. Queste sostanze li rendono, per così dire, “impermeabili” e dunque più facili da lanciare fuori dall’acqua.
Nei prossimi mesi gli studiosi cercheranno di capire fino a che punto i batteri e i virus potenzialmente infettivi possono viaggiare nelle acque del mare, e seguendo quali vie. Negli anni passati un gruppo di ricercatori californiani, guidato da Kim Prather, era già riuscito a dimostrare che molti tipi di microrganismi sono in grado di percorrere anche decine di migliaia di chilometri, tramite il vento, a volte entrando nell’oceano e riemergendo dall’acqua lungo il viaggio. Ma questo lungo cammino può modificare le loro caratteristiche chimiche e la capacità di infettare gli uomini (e anche i loro effetti sulla formazione delle nuvole…). Molti dei componenti chimici trovati negli aerosol marini, aggiungono i ricercatori, derivano invece da microrganismi che vivono stabilmente negli oceani.