“70.000 anni fa, i nostri antenati erano animali insignificanti. La cosa più importante da sapere, sull’uomo preistorico, è che non era importante. Il suo impatto sul mondo non era di molto superiore a quello delle meduse, delle lucciole, o dei picchi. Oggi, al contrario, dominiamo questo pianeta. La domanda è: come ci siamo riusciti?”
In cosa siamo superiori rispetto alle altre specie animali presenti sulla Terra? Se lo chiede lo storico israeliano Yuval Harari, e le risposte che si dà e ci propone sono davvero interessanti.
“La vera differenza fra gli umani e tutti gli altri animali non si trova a livello individuale, ma a livello collettivo. Gli umani controllano il pianeta perché sono gli unici animali capaci di collaborare in modo flessibile e in grandi masse”.
Non siamo gli unici animali collaborativi: gli insetti sociali (le api, le formiche) hanno creato un sistema organizzativo ammirevole per la sua ingegnosità ed efficienza. Ma collaborano solo in forme rigidamente predefinite.
Altri animali, come alcuni mammiferi sociali (i lupi, gli elefanti, i delfini, gli scimpanzé) sono in grado di collaborare in modo molto più flessibile, ma lo fanno solo in piccoli numeri, perché la loro collaborazione si basa su un’intima conoscenza reciproca. L’unico animale in grado di combinare queste due abilità, ossia collaborare in modo flessibile e farlo anche in grandi numeri, è l’Homo Sapiens.
Esiste quindi un’abilità, un’attitudine, che ci differenzia dagli altri mammiferi: è la capacità di lavorare assieme, anche se non ci conosciamo e siamo a migliaia chilometri di distanza. Questa nostra caratteristica è alla base di tutte le grandi imprese umane – e anche delle cose peggiori emerse nella Storia, rileva Harari.
Ma, si chiede ancora Harari, da cosa ci deriva questa capacità? La sua risposta è spiazzante: ci riusciamo perché abbiamo quella cosa meravigliosa che si chiama immaginazione. Solo noi, tra tutti gli animali del pianeta, siamo in grado di creare e di credere in finzioni, in storie immaginate.
La capacità di apprendere e comunicare attraverso le storie, di immaginare mondi e scenari alternativi ci rende quello che siamo. E, attenzione, segnala Harari, questo fenomeno non riguarda solo ambiti come la religione o l’espressione artistica, ma aspetti molto concreti della civiltà e delle nostre vite quotidiane come le leggi che regolano uno Stato o l’economia. Fino ad arrivare al denaro, lo strumento “immaginario” che domina le nostre vite, “la storia di maggior successo mai inventata e raccontata dagli uomini, perché è l’unica storia a cui credono tutti”.
Nella nostra concezione del mondo convivono una realtà oggettiva e una realtà immaginaria, fatta di finzioni narrative:
“E la cosa incredibile è che col passare del tempo questa realtà immaginaria è diventata sempre più potente, tanto che ora le forze più grandi al mondo sono proprio queste entità fittizie. Oggi, la stessa sopravvivenza di fiumi, alberi, leoni ed elefanti dipende dalle decisioni e dai desideri di entità fittizie, come gli Stati Uniti, Google, la Banca Mondiale. Entità che esistono solo nella nostra immaginazione”.