Sperimentazione degli psichiatri dell’Università di Stanford con deboli correnti elettriche “mirate” verso punti precisi del cervello. In questo modo la sensibilità all’ipnosi, e la conseguente possibilità di mitigare il dolore, aumentano.
La tecnica dell’ipnosi, che di fatto è una sorta di super-concentrazione, può essere molto utile in alcuni ambiti terapeutici, soprattutto in quelli relativi alla lotta al dolore cronico, allo stress e alle dipendenze. Ma non tutte le persone sono sensibili allo stesso modo, per motivi - è stato dimostrato - che dipendono dalle varianti di alcuni tratti del codice genetico, dal quoziente intellettivo e dal tipo di personalità. In media, secondo le stime più accreditate, circa due terzi degli esseri umani possono essere ipnotizzati, ma solo il 15% delle persone risulta altamente ricettivo.
Ora uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature Mental Health dagli psichiatri dell’Università di Stanford (Stati Uniti) indica un nuovo modo per aumentare questa soglia, utilizzando una breve applicazione di una debole corrente elettrica (neurostimolazione) in alcune aree cerebrali specifiche.
I ricercatori hanno concentrato l’attenzione, in particolare, su due zone che, più di altre, appaiono coinvolte nell’ipnosi, ossia la corteccia prefrontale dorsolaterale sinistra (questo il nome tecnico), che è responsabile dell’elaborazione delle decisioni, e la corteccia anteriore dorsale nella zona del cingolo, che è interessata all’elaborazione degli stimoli. La sensibilità all’ipnosi dipende da quanto le due zone sono connesse, ma – hanno scoperto gli studiosi – tale connessione si può amplificare, temporaneamente, facendo passare, appunto, una debole corrente elettrica attraverso il cranio, in corrispondenza della connessione tra le due aree.
Terapia personalizzata per ogni paziente
Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno coinvolto 80 persone colpite da fibromialgia, una condizione caratterizzata da dolore diffuso e persistente in tutto il corpo, per la quale non esistono cure specifiche (l’ipnosi, in questi casi, può aiutare a mitigare i dolori).
A una metà dei volontari sono stati somministrati, attraverso una cuffia, nell’arco di 46 secondi, 800 impulsi elettrici in una zona precisa della corteccia prefrontale sinistra, scelta in base alla conformazione cerebrale di ciascuno. L’altra metà dei partecipanti alla sperimentazione ha invece ricevuto una finta corrente, come placebo (senza saperlo, naturalmente). I ricercatori hanno poi valutato la sensibilità all’ipnosi, che si basa su una scala in dieci punti, e hanno visto che le persone sottoposte allo stimolo, a differenza delle altre, avevano guadagnato un punto e, quindi, erano diventate più ricettive. Dopo un’ora l’effetto era scomparso.
Il risultato è stato valutato come qualcosa di molto significativo, perché era da più di cento anni che si cercava, con i metodi più disparati, di modificare la sensibilità all’ipnosi, e si pensava che fosse ormai immodificabile (tra gli altri, uno studio durato 25 anni aveva confermato la stabilità di questo parametro).
Nuovi scenari per l’ipnosi in psicoterapia
Avere dimostrato, al contrario, che è possibile aumentarla temporaneamente, apre scenari nuovi, in un momento in cui l’applicazione di correnti elettriche o magnetiche sul cranio è oggetto di numerosissimi studi.
Se quanto osservato troverà una conferma anche attraverso altre sperimentazioni, si potrà pensare di ampliare l’impiego clinico dell’ipnosi. Inoltre, una stimolazione analoga potrà probabilmente essere di aiuto anche nella psicoterapia classica, ma saranno necessari studi per confermare anche questa possibile applicazione.