Studio d’avanguardia al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Potranno essere utilizzati per i pacemaker e per altri dispositivi medicali, eliminando i problemi attualmente determinati dagli elettrodi in metallo.
I dispositivi impiantabili sono sempre più diffusi, e vanno dagli impianti cocleari (contro la sordità) ai pacemaker per il cuore, ma comprendono anche gli elettrodi per la stimolazione cerebrale profonda (destinati a combattere diverse malattie neurologiche) e i microchip per la visione.
Tutti però, condividono un elemento, a prescindere dalla forma, dai materiali e dalla funzione: gli elettrodi in metallo, perché finora nessuno è mai riuscito a progettare alternative capaci di condurre lo stimolo elettrico in modo altrettanto efficiente. Tuttavia, proprio i metalli costituiscono spesso il tallone d’Achille di questi dispositivi, perché con il tempo si degradano, possono favorire la formazione di tessuti fibrotici e cicatriziali, e non di rado perdono le funzioni o vanno sostituiti, dopo qualche anno.
Per questo il nuovo sistema ideato dai bioingegneri del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston potrebbe costituire un progresso importante: è soffice, del tutto privo di metallo, ispirato alla consistenza e versatilità delle meduse, ma capace di condurre l’elettricità come un metallo. In più, essendo sostanzialmente un gel, può essere utilizzato in stampanti 3D, per far assumere agli elettrodi le forme più disparate, a seconda delle specifiche esigenze e delle caratteristiche dei tessuti cui sono destinati.
Le sperimentazioni del MIT
Come riferisce la rivista scientifica Nature Materials, i ricercatori sono partiti da una particolare famiglia di polimeri (sostanze costituite da molecole grandi e ripetitive) che sono capaci di condurre l’elettricità, a differenza di quanto accade per quasi tutti gli altri tipi di polimeri che invece, nella stragrande maggioranza dei casi, hanno proprietà isolanti.
Non è stato facile, però, utilizzare questi polimeri conduttori, perché i primi prototipi messi a punto al MIT erano troppo morbidi, e non riuscivano ad assicurare performance elettriche soddisfacenti. In seguito, continuando a sperimentare, i bioingegneri hanno capito quale caratteristica avrebbe potuto fare la differenza: il tipo di miscelazione con un elemento di supporto, l’idrogel (un altro polimero, in grado di assorbire grandi quantità di acqua).
Positivi i primi test
Continuando con la metafora, hanno poi “cotto” gli spaghetti in una stampante 3D, e li hanno impiantati nel nervo sciatico, nel cuore e nella colonna vertebrale dei modelli animali, verificandone le caratteristiche meccaniche ed elettriche per due mesi, e dimostrando che gli elettrodi soffici erano rimasti stabili, e avevano provocato solo una leggera infiammazione nel punto dell’inserimento.
Non solo. Quelli impiantati nel cuore, per simulare un pacemaker, erano stati in grado di inviare impulsi elettrici all’esterno, dove un monitor li aveva captati, registrando l’attività cardiaca, e lo stesso era accaduto con gli altri, che erano stati in grado di rilevare l’attività dei muscoli.
Ora saranno necessari altri studi, ma una via nuova per ottenere dispositivi medicali molto diversi e più funzionali rispetto a quelli conosciuti oggi è stata aperta.