L’arte digitale è una forma espressiva che già da diversi decenni ha incuriosito gli artisti tanto da costruire una tradizione vera e propria a cui vengono dedicati premi, festival biennali e mostre museali.
È tradizione il fatto che gli artisti si interessino, sin dagli albori di nuovi materiali, tecniche e tecnologie da impiegare per dare una forma espressiva alle proprie poetiche, verificando anche la ricaduta estetica che essi hanno sulla società.
Cos’è l’arte digitale?
Per quanto riguarda l’arte digitale, va detto che si tratta di una disciplina artistica che impiega le tecnologie digitali, frutto di una rivoluzione epocale dovuta alla “smaterializzazione dell’esistenza” ed all’affiancarsi di una esistenza parallela che trova campo d’azione tramite dispositivi elettronici come computer, i-Pad, smartphone.
Questi oggetti (e non oggetti) si compongono ancora di un hardware, ma la parte più importante è il software che produce quello che chiamiamo realtà virtuale che, però, tanto virtuale non è nei risultati, in quanto produce effetti sulla nostra vita reale.
L’artista Simonetta Fadda nel suo libro “Media e Arte”, pubblicato da Franco Angeli, scrive che stiamo vivendo una situazione “più reale del reale, il mondo fotogenico risponde al nostro desiderio di sentirci al centro, toccati nel profondo da visioni, che, a dispetto della loro natura tecnologica, per noi non sono illusorie ma realissime: ci scuotono fisicamente, entrano nelle viscere, condizionano i nostri gesti, si impadroniscono dei nostri sogni … i media non rispecchiano il nostro mondo, ma sono il nostro mondo.”
Questa è stata definita da filosofi, antropologi e scienziati come una vera e propria rivoluzione antropologica del terzo millennio, paragonabile addirittura alla scoperta dell’agricoltura, cambiamento cruciale che avrebbe favorito anche la nascita della scrittura.
In parallelo il mondo digitalizzato è per questo additato come la scoperta di un nuovo mondo in cui sono i dati, diagrammi di flusso espressi in dati alfanumerici a costituire questo nuovo sistema. Ed infatti sono gli algoritmi, sequenza finita di operazioni, allineamento di lettere e numeri, a rendere possibile questa nuova realtà.
Così la matematica, odiata a scuola dai più, si prende una rivincita nel rendere possibile questo altro mondo, tant’è che anche lo scrittore Italo Calvino anticipatamente sostenne che “l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti, insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione”.
L’economia promotrice dell’arte digitale: le case d’asta
Tuttavia, a portare attenzione in larga scala sull’arte digitale non è stata l’estetica, o la sua percezione, ma, come molte cose in questi ultimi decenni, l’economia, come d’altronde è successo all’arte, in molti casi.
Da qualche anno l’arte digitale ha iniziato a interessare il mondo delle aste come quella realizzata dal collettivo francese Obvious, con una sorta di ritratto di stile seicentesco e informale realizzato non con pennelli e colori a olio, ma utilizzando un Generative Adversial Network (GAN), strumento spesso utilizzato per la programmazione di videogiochi.
Impiegando questo strumento il gruppo Obvious ha ottenuto un quadro, “frullando e shakerando” al computer ritratti diversi e per questo l’ha firmato in alfanumerico. Nel 2018, anno della sua creazione, quest’opera, intitolata "Edmond de Belamy, - La Famille de Belamy”, fece molto parlare di sé, non tanto per le qualità estetiche, ma per il fatto di essere la prima opera d’arte digitale a essere messa in vendita dalla prestigiosa casa d’asta Christie’s, ottenendo la cifra di 432.000 dollari. Niente in confronto a quanto raggiunto tre anni dopo, Marzo 2021, da Everydays. "The first 5000 days” dell’artista americano Beeple che, messa all’asta, raggiunse la cifra di quasi 70 milioni di dollari (69.346.250 di dollari per l’esattezza): si trattava di un’immagine di 21.069 x 21.609 pixel, quale collage di immagini digitali prodotte quotidianamente dallo stesso Beeple, dal 2007 al 2021.
Ma la cosa interessante non è stata solo l’esorbitante cifra raggiunta, che ha dato una visibilità sociale a questa forma d’arte fino ad allora mai considerata, ma anche la modalità, perché, a differenza dell’asta precedente, in questo caso la partita si è giocata sempre attraverso Christie’s non più in sala, ma tutta in rete, usufruendo di piattaforme e sistemi digitali.
La vendita è avvenuta tramite NFT (Non Fungible Token) che definisce, certifica il possesso dell’opera, un file, composto da 5.000 immagini garantite attraverso le blockchain.
È naturale che ciò ha tenuto e continua a tenere banco non solo nel mondo dell’arte, ma più in generale nel mondo, sia perché l’economia è quanto di più oggi sembra interessare le persone, sia perché viviamo in un mondo dominato dall’economia. Ma questa non è che la punta dell’iceberg della questione, probabilmente anche la meno interessante, di un fenomeno in evoluzione da diversi anni.
Il digitale come arte: pregiudizio o normalità?
Possiamo attribuire gli inizi dell’arte digitale agli anni Cinquanta, specialmente alle impostazioni del matematico inglese Alan Turing, inventore dei calcolatori elettronici e noto per aver decodificato il linguaggio segreto cifrato dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale, morto suicida a Londra nel 1954 a seguito delle persecuzioni in quanto omosessuale.
Tuttavia, il digitale come arte, per quello che ci interessa, fa ancora fatica ad essere accettato da tutti come arte. In questo possiamo dire di assistere a un pregiudizio simile a quello a cui ha dovuto sottostare la fotografia per molti anni, prima di essere considerata una forma d’arte a tutti gli effetti. Ciò accade perché sono ancora in molti a pensare che l’arte non possa essere generata da una macchina, benché esista una lunga tradizione pure nel mondo dell’arte.
Ora, che l’arte in qualunque sua forma, è qualcosa che si serve di tecnica e tecniche come un pennello è uno strumento azionato da una persona. Ci sono alcune forme di arte digitale in cui non c’è intervento umano, ma che sono autoprodotte dai dispositivi elettronici intelligenti. Bisogna rendersi conto che questo amplia i termini della discussione dall’arte al mondo in cui, come sostiene Michel Foucault nel suo libro “Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane”: “L’uomo non è che un’invenzione recente […] una semplice piega nel nostro sapere […] che sparirà non appena questo avrà trovato una nuova forma.”
La discussione è, soprattutto, se queste ultime forme espressive siano arte o no e per quale soggetto.
Io sono del parere che quando si apre una discussione così determinata e globale, su qualcosa che possa essere, la stessa discussione trasforma l’oggetto in arte.
Infatti, per concludere, come riportato in “Arte e intelligenza artificiale” Mario Klingemann: “L’intelligenza artificiale, e in particolare le GAN, è il segno che essa lascia sul ritratto come la grana sulla fotografia”. O il pennello sulla tela, mi sento di aggiungere.
A cura di Giacinto Di Pietrantonio