Possiamo definire ‘narrativa’ quella medicina praticata con le competenze che ci permettono di riconoscere, recepire e interpretare le storie di malattia e di reagirvi adeguatamente.
A spiegare così questa disciplina innovativa è proprio Rita Charon, medico internista e studiosa di letteratura, autrice del saggio “Medicina narrativa. Onorare le storie dei pazienti”.
Charon ha creato e dirige tuttora il Programma di Medicina Narrativa alla Columbia University, un corso di studi fondato su presupposti decisamente anticonvenzionali:
Un buon clinico deve coltivare il rapporto con l’arte, che sia letteratura, poesia, teatro o pittura. Il clinico ha bisogno di una sensibilità umanistica per entrare nelle narrazioni dei pazienti, per abbracciare quelle realtà immaginative che costituiscono il loro vissuto. E’ una nuova concezione della medicina, che recupera una tradizione antica e la integra con lo studio del linguaggio e delle arti visuali.
In questa visione innovativa, il racconto che il paziente elabora della propria malattia entra a far parte integrante della terapia, assieme ai farmaci e agli abituali interventi clinici.
Mettere la narrazione al servizio della medicina significa scoprire il potere del racconto nelle relazioni terapeutiche. In questa prospettiva diventa fondamentale la capacità d’ascolto da parte del medico, che deve anche saper padroneggiare i meccanismi formali e psicologici insiti nella narrativa.
Ne deriva un percorso formativo diverso da quello scientifico tradizionale, perché Charon insegna agli operatori sanitari ad analizzare i testi con cura, a scrivere in maniera consapevole e a conoscere le grandi opere della letteratura.
Va detto subito che non si tratta di un esercizio intellettuale. Tutt’altro. Charon usa la medicina narrativa per offrire cure più efficaci e migliorare i risultati terapeutici. Vuole costruire un sapere concreto, capace di influire non solo sulle relazioni terapeutiche “ma sulla formazione professionale e l’applicazione dell’etica, e anche su aspetti strutturali come le procedure mediche, le dinamiche economiche, l’accesso alle cure, la sicurezza”.
La capacità di leggere la malattia e il malato oltre i protocolli clinici richiede tempo, addestramento all’ascolto e un’autentica consapevolezza del vissuto individuale. E’ un lavoro necessario: in caso contrario, secondo Charon, la medicina corre il rischio di limitarsi a una mera applicazione di tecniche e protocolli, che può arrivare all’obiettivo senza però curare fino in fondo il paziente. Perché le persone malate “hanno bisogno di medici che capiscano il loro star male, ascoltino i loro problemi e li accompagnino attraverso la loro malattia”.