Uno studio nato dalla collaborazione fra il Politecnico di Losanna e l’Università della California, sede di Los Angeles, ha portato a un risultato che potrebbe rappresentare un significativo passo in avanti nel trattamento delle lesioni spinali, oggi inguaribili. Quando, infatti, il midollo spinale viene danneggiato (per un trauma, un incidente stradale o altri motivi), si interrompe la trasmissione degli impulsi nervosi che dal cervello “governano” i muscoli, con conseguente paralisi, e le fibre nervose lesionate si atrofizzano. Finora nessuno è mai riuscito a far ricrescere i neuroni e poi a far ripartire queste comunicazioni, che sono la base stessa del movimento.
Ora, però, i ricercatori svizzeri e americani sono riusciti a raggiungere un obiettivo molto importante, che costituisce un ottimo punto di partenza: rigenerare gli assoni, cioè le parti delle cellule nervose che trasmettono i segnali, arrivando a creare quella che loro stessi hanno definito una nuova foresta assonale.
Il segreto della rigenerazione (che si può paragonare a ciò che accade quando, in un albero, vengono tagliati i rami e spuntano nuovi germogli) risiede nella “ricetta” di sostanze somministrate, ossia un complesso cocktail di fattori di crescita, proteine e ormoni, tutti finalizzati a ricreare tre passaggi fondamentali: riattivare i geni responsabili della formazione degli assoni; ricreare un ambiente favorevole allo sviluppo dei nuovi filamenti; avviare una sorta di percorso favorito nel quale i nuovi assoni trovino la giusta direzione. Occorrono tutte e tre queste condizioni, contemporaneamente, perché la comunicazione fra il midollo spinale danneggiato e il cervello si rimetta in moto.
Per adesso, gli animali da laboratorio così trattati hanno mostrato di sviluppare, come dicevamo, intricate reti di assoni (la “foresta”) che, tuttavia, non hanno ancora portato a veri movimenti, probabilmente perché gli impulsi nervosi, pur essendo riusciti a passare attraverso la lesione, non sono stati in grado di ripristinare le connessioni corrette. I motivi – spiegano gli studiosi sulla rivista Nature – saranno oggetto di nuovi studi, così come le possibili soluzioni. Si cerca, insomma, di aggiungere qualche elemento alla ricetta, per riuscire a creare contatti che facciano transitare nel modo “giusto” gli impulsi elettrici necessari al movimento.