Ispirandosi all’antica arte giapponese dell’origami, che permette di ottenere mini-sculture di carta, i bioingegneri della sede di Lowell dell’Università del Massachusetts (Stati Uniti), guidati da Gulden Camci Unal, hanno messo a punto una “piattaforma” per la rigenerazione dei tessuti biologici, soprattutto di quelli delle ossa, in grado di curare pazienti colpiti da traumi, malattie degenerative e altre. La carta, modellata con una stampante 3D e parzialmente mineralizzata, ha fornito una struttura efficiente ed economica, su cui far moltiplicare gli osteoblasti (cellule ossee), nella forma voluta. Come i ricercatori hanno scritto sulla rivista MRS Communications, la “coltivazione” degli osteoblasti è proseguita regolarmente per 21 giorni, permettendo di ottenere buoni risultati.
Ma perché usare proprio la carta? Anche altri materiali, naturalmente, possono funzionare bene per far crescere le cellule, ma – hanno spiegato i ricercatori americani – non sempre è facile realizzare “impalcature” porose e biocompatibili, di dimensioni rilevanti (qualche centimetro), come invece è possibile con la carta. Grazie alla sua struttura, la carta (precedentemente sterilizzata) permette il passaggio dell’ossigeno e delle sostanze nutritive per le cellule, durante la loro fase di moltiplicazione. In più, la carta ha altri vantaggi, tra cui costi molto ridotti, disponibilità, accessibilità e facilità di lavorazione.
Il team dell’Università del Massachusetts ha utilizzato mini-implacature geometriche, assemblate come moduli simili alle cellette di un alveare. Se anche nuove sperimentazioni daranno esiti positivi, questi moduli potranno essere trapiantati direttamente nei pazienti, dopo l’ossificazione, perché non suscitano (o, perlomeno, non dovrebbero suscitare) reazioni di rigetto. Ma questa tecnica potrà essere utilizzata anche per altri scopi: ad esempio, per verificare il comportamento di cellule tumorali esposte a diversi tipi di chemioterapici.
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