Importanti risultati ottenuti da un’équipe della Northwestern University, negli Stati Uniti. È ancora presto per un’applicazione sulle persone con lesioni spinali, ma un promettente filone di ricerca sembra aperto.
Si chiamano polimeri supramolecolari, e potrebbero dare il via a un cambiamento importante, nell’ambito della medicina rigenerativa. La loro composizione, che include nanofibre e sostanze biologicamente attive, riesce infatti a innescare la formazione di nuovi tessuti con risultati mai ottenuti prima.
In uno degli esperimenti più innovativi e convincenti effettuati partendo da questi materiali, i ricercatori della Northwestern University (Stati Uniti) hanno messo alla prova uno di questi materiali sperimentali che conteneva due peptidi (frammenti di proteine) bioattivi, in grado di favorire la rigenerazione delle fibre nervose in animali con gravi lesioni spinali. I polimeri hanno frenato la formazione di cicatrici intorno alla lesione (il tessuto cicatriziale viene subito attivato dall’organismo, nel tentativo di riparare i danni, ma rallenta, in realtà, la rigenerazione nervosa naturale, o addirittura la rende impossibile, perché le cicatrici bloccano ogni altro tipo di tessuto). Nel corso degli esperimenti i ricercatori hanno visto che i polimeri supramolecolari riescono anche a favorire la crescita dei vasi sanguigni, necessari affinché i nuovi tessuti restino in buona salute. La miscela, somministrata per via iniettiva una sola volta, diventa auto-assemblante e va a costituire, intorno alla lesione, una matrice extracellulare favorevole, che avvia la rigenerazione delle cellule.
Torna la mielina
Come riportato sulla rivista Science, nei test non solo si è assistito a una ricrescita delle terminazioni nervose e delle cellule da cui derivano, ma si è avuta anche la mielinizzazione delle stesse, cioè la formazione della mielina, la guaina protettiva che fisiologicamente avvolge le fibre, e si è visto anche che i vasi sanguigni neoformati erano funzionanti. Il risultato è stato il completo ripristino della trasmissione nervosa, con recupero della motilità in quattro settimane, mostrato anche in un video.
Inoltre, questi materiali spariscono nel tempo, degradandosi in media in 12 settimane e non lasciando alcuna traccia, e anche questo li rende particolarmente adatti per il tipo di impiego proposto.
I ricercatori americani stanno cercando di accelerare i loro studi, per giungere alle prime approvazioni da parte della Food and Drug Administration (l’ente che regola la ricerca e la commercializzazione dei farmaci). Solo negli Stati Uniti, le persone con una lesione del midollo spinale sono circa 300.000, e meno del 3% riesce a recuperare almeno qualche funzionalità di base, con costi assistenziali e sociali enormi.
Sviluppi per altre malattie
Uno dei vantaggi di questi materiali, infine, è il fatto che la composizione può essere cambiata a seconda delle esigenze e della finalità: nel caso dei test eseguiti su animali con lesioni spinali, sono stati inseriti due peptidi noti per agevolare la ricrescita delle cellule nervose, come dicevamo, ma in altre situazioni potrebbero esserne utilizzati altri che, per esempio, siano più specificamente dedicati alla formazione dei vasi sanguigni.
Le loro potenzialità sono dunque ancora tutte da esplorare, e nuovi studi potranno chiarire fino in fondo le probabilità di successo.