Individuata una molecola (per ora viene chiamata 194) che appare potente come gli oppiacei, ma senza le caratteristiche negative di queste sostanze. In particolare, non sembra creare dipendenza.
Un passo avanti che appare significativo nella terapia del dolore arriva dai ricercatori dell’Università dell’Arizona (Stati Uniti), che hanno individuato una sostanza, selezionandola fra 50.000 possibili, in grado di bloccare le sensazioni dolorose con una “forza” paragonabile a quella degli oppiacei, ma senza creare dipendenza.
Come hanno fatto?
Tutto parte - spiega la rivista Science Translational Medicine - dalla conoscenza approfondita dei meccanismi che regolano la percezione del dolore: in particolare, dai canali ionici del sodio (questo il termine tecnico). Si tratta di veri e propri minuscoli canali che si aprono sulla superficie delle cellule nervose in risposta ai cambiamenti di potenziale elettrico, per far passare nelle due direzioni – verso l’interno e verso l’esterno della cellula – ioni come il calcio, il potassio, il cloruro e appunto il sodio, a loro volta dotati di cariche elettriche, positive o negative (gli ioni, lo ricordiamo, sono atomi “squilibrati” elettricamente). I flussi di ioni, scorrendo attraverso i canali, cambiano lo stato elettrico della cellula, e questo innesca tutte le reazioni che normalmente si svolgono al suo interno, e regola la trasmissione degli impulsi nervosi.
Ebbene, da tempo si pensava che modificare l’attività di questi canali potesse avere come conseguenza lo spegnimento degli stimoli dolorosi. Finora, però, i tentativi compiuti per inibire il più importante dei canali stessi (per quanto riguarda la “produzione” del dolore), chiamato NaV1.7, avevano fornito risultati fallimentari. I ricercatori dell’Università dell’Arizona hanno allora deciso di non continuare a cercare un inibitore diretto, ma di provare ad agire su NaV1.7 modulandone l’attività indirettamente, con un composto chiamato 194 (selezionato, come dicevamo, da un database di 50.000 sostanze “candidate”) che, attraverso un’azione su alcune proteine ed enzimi, mantiene chiuso NaV1.7 e attiva anche il sistema degli oppiacei endogeni, cioè prodotti dallo stesso organismo, come le endorfine.
Un aiuto anche per la disintossicazione
Sperimentato in laboratorio su differenti “linee” di cellule, 194 si è rivelato molto efficace, e lo stesso è avvenuto su sei diversi tipi di animali. Non sono emersi effetti collaterali degni di nota, né si è instaurata alcuna forma di dipendenza o tolleranza. Inoltre, 194 ha mostrato un’attività sinergica con oppiacei classici quali la morfina, candidandosi così a un ruolo importante nel percorso di disintossicazione e di attenuazione della dipendenza.
Abuso di oppiacei, allarme negli USA
Nei soli Stati Uniti, ogni anno muoiono per overdose da oppiacei non meno di 50-60.000 persone, e la situazione è così grave che il Congresso ha dichiarato ufficialmente l’esistenza di una crisi sanitaria specifica. Si stima, infatti, che negli USA quasi una persona su tre soffra di un dolore cronico, e a moltissime vengono prescritti oppiacei anche per dolori che potrebbero essere affrontati in un altro modo, come il mal di schiena. Di tutti coloro che assumono oppiacei, però, circa uno su tre non li usa correttamente, e uno su dieci si avvia rapidamente a una condizione di dipendenza. Per questo la ricerca di alternative è affannosa e urgente.
Gli studi su 194 proseguiranno, per arrivare il prima possibile ai test sull’uomo.