Gli organoidi sono frammenti di organi ricostruiti in laboratorio utilizzando le cellule “vere” dell’organismo (che vengono fatte crescere su micropiastre sterili): dunque possono essere utilizzati come modelli biologici, capaci di riprodurre in tempo reale le funzionalità dell’organo da cui derivano, e anche le possibili malattie di quell’organo.
Negli ultimi anni la loro utilità e le loro applicazioni sono andate aumentando, e anche nella ricerca sul virus SARS-CoV-2 (responsabile della malattia Covid-19) si stanno dimostrando decisivi. Ma i ricercatori della Wake Forest Baptist University di Wiston-Salem li usano da tempo anche per un altro tipo di patologia: i tumori, e in particolar modo i tumori più rari. E proprio grazie all’esperienza maturata, hanno ora messo a punto un sistema che potrebbe rivelarsi molto utile nella personalizzazione delle terapie di due tipi di neoplasie: quelle del colon e quelle, molto poco frequenti, dell’appendice (colpiscono solo una persona su 100.000, ma sono difficili da curare).
Come i ricercatori spiegano sugli Annals of Surgical Oncology, questi tumori, quando sono in uno stadio molto avanzato, possono essere trattati con l’asportazione chirurgica della massa cancerosa, praticata insieme alla somministrazione diretta nell’addome di una chemioterapia preriscaldata (già durante l’intervento), in modo da unire i benefici dell’operazione con quelli dei farmaci e con quelli, ben noti, dell’ipertermia, cioè di un momentaneo surriscaldamento che fa morire le cellule tumorali.
Tuttavia questo approccio, definito hyperthermic intraperitoneal chemotherapy (HIPEC), che di per sé è lungo e delicato, non sempre sortisce gli effetti sperati (alcuni pazienti non rispondono affatto, altri guariscono), probabilmente perché le condizioni teoriche (per esempio relative alla concentrazione e alla “miscela” dei farmaci e alla temperatura da raggiungere), rapportate al singolo caso, non sono ottimali. Bisogna poi considerare che ogni tumore presenta differenze biologiche e genetiche rispetto agli altri.
Per questo gli oncologi americani hanno messo a punto un protocollo che prevede la coltura in laboratorio di un organoide con le cellule del tumore di ogni paziente, la sperimentazione su questo modello biologico degli effetti della terapia e, solo dopo, grazie ai dati ottenuti, l’esecuzione della procedura.
Controllando l’affidabilità degli organoidi di 15 pazienti di tumore dell’appendice e di 8 pazienti con tumore del colon a diverse temperature, e utilizzando possibili “mix” di farmaci, gli autori hanno individuato alcune formule più favorevoli di altre per i singoli malati e, soprattutto, confermato che il sistema può essere di grande aiuto nella messa a punto di protocolli terapeutici personalizzati e più efficaci.