Ricerca dell’Università di Harvard. Il pesciolino artificiale contiene due strati di cellule cardiache umane, che si contraggono creando un sofisticato modello di come si muove anche il cuore.
Un pesciolino artificiale per studiare il cuore e le malattie che lo colpiscono e, in futuro, per sostituire un cuore malato, soprattutto quando la patologia si manifesta alla nascita o comunque nei primi anni di vita, e rischia quindi di compromettere la crescita. Questo promette di fare il prototipo realizzato dai cardiologi e dai bioingegneri dell’Università di Harvard (Stati Uniti) che da anni lavorano sul tema, e che ora hanno pubblicato sulla rivista Science l’ultimo, sorprendente risultato dei loro sforzi.
Come illustrato anche in un video, il pesciolino è realizzato con particolari materiali plastici e metallici, ma è anche rivestito in prossimità della coda da due strati di cellule muscolari cardiache derivate da cellule staminali umane. Quando uno dei due strati si contrae, l’altro si allunga. L’allungamento, a sua volta, provoca l’apertura di canali ionici – veri e propri buchi, microscopici, nella superficie delle cellule – in grado di aumentare la concentrazione di proteine che provocano una nuova contrazione. Il sistema consente quindi a questo particolarissimo “pesce” di alternare, in modo armonico, contrazioni e distensioni: esattamente come accade in un cuore che batte. In più, il dispositivo contiene un piccolo pacemaker che regola frequenza e intensità del battito. Il risultato è quindi una specie di cuore in miniatura, che nuota grazie ai battiti.
I movimenti del pesciolino bio-ibrido (così viene chiamato) migliorano con il passare dei giorni, perché le cellule staminali, sotto stimolazione meccanica, maturano, e funzionano sempre meglio. Questo pesce è anche molto resistente: nei test effettuati ha continuato a nuotare per cento giorni.
Perfezionati i vecchi modelli
Il prototipo, la cui realizzazione è stata ispirata dai movimenti e dalle caratteristiche dei pesci reali, è innovativo rispetto agli altri realizzati in precedenza dallo stesso gruppo. Nel 2012 gli studiosi di Harvard avevano creato una specie di medusa trasparente bio-ibrida, che conteneva cellule muscolari cardiache di ratto capaci di contrarsi, mentre nel 2016 avevano costruito un altro pesce (una razza), anche in questo caso con cellule muscolari cardiache di ratto. Ma il pesce con cellule umane, quasi come in un’evoluzione bio-ingegneristica che imita quella naturale, è un deciso passo in avanti, perché si avvicina ai reali movimenti del cuore molto più di quanto non facessero i dispositivi precedenti.
Studiare le aritmie
Quali potranno essere le prossime applicazioni? Mentre si affina il modello, quello già disponibile può permettere di studiare da vicino diverse patologie cardiache, quali l’aritmia. Ma in prospettiva un dispositivo di questo tipo potrebbe diventare un vero cuore artificiale, come dicevamo: un traguardo inseguito da anni, ma che non è stato ancora raggiunto in modo soddisfacente con gli strumenti messi a punto fino a oggi.
«La maggior parte degli studi per realizzare un cuore artificiale – spiega Kit Parker, professore di bioingegneria all’Università di Harvard e coordinatore dello studio apparso su Science – si sono concentrati finora sulla replica delle caratteristiche anatomiche, o del semplice battito del cuore, nei tessuti ingegnerizzati. Adesso, invece, non usiamo più l’imaging cardiaco come modello, ma stiamo provando a identificare i principi biofisici chiave che fanno funzionare il cuore, usandoli poi come criteri di progettazione e replicandoli in un sistema: un pesce che nuota, dove è molto più facile vedere se avremo successo».
Ph. Credit: Keel Yong Lee, PhD, Postdoctoral fellow, Disease Biophysics Group, Harvard University (via Twitter)