Sulla rivista scientifica JAMA Psychiatry i risultati di uno studio condotto dalla New York University. L’uso della psilocibina (un omologo dell’LSD) sotto controllo medico, abbinato alla psicoterapia, ha ridotto dell’83% l’abuso di alcolici.
Via via che gli studi arrivano a compimento, trovano conferme le idee dei pionieri che tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta del secolo scorso avevano intravisto, e poi dimostrato – con i metodi dell’epoca – che gli psichedelici, cioè le sostanze caratterizzate da un effetto allucinogeno come l’LSD capaci di modificare lo stato di coscienza, potevano avere anche effetti terapeutici, se gestiti in modo adeguato e sotto stretto controllo medico. In quegli anni, però, i dati provenivano per lo più da racconti di esperienze singole, o da studi effettuati su piccoli gruppi di pazienti, quindi con modalità che ne rendevano i risultati inutilizzabili, per i parametri scientifici odierni.
Ormai da diversi anni le ricerche su queste sostanze sono riprese, e alcuni gruppi di studio nel mondo stanno cercando di valutare i possibili effetti terapeutici sulla depressione e su altri disturbi psicologici, pur mantenendo tutte le cautele possibili. Gli psichedelici, infatti, hanno un forte “potere”, anche dopo una sola somministrazione e, in alcuni casi, possono provocare cambiamenti irreversibili della personalità.
Nell’ambito di queste ricerche sono usciti alla fine di agosto sulla rivista JAMA Psychiatry i risultati di un lavoro interessante eseguito dai ricercatori del Langone Center for Psychedelic Medicine della New York University. Con il benestare, naturalmente, del comitato etico dell'università, questi ricercatori hanno sperimentato l’uso di piccole dosi di psilocibina (un omologo dell’LSD) per ridurre la dipendenza da alcol. L'indagine ha coinvolto 93 uomini e donne con problemi di alcolismo, che sono stati assegnati in modo casuale a ricevere la psilocibina (da una a tre dosi), o un placebo (un medicinale antistaminico). Tutti sono stati sottoposti anche a 12 sessioni di psicoterapia, sia prima che dopo i trattamenti farmacologici.
Per alcolisti – è giusto precisarlo – si intendono persone che bevono quattro o più bicchieri di alcolici al giorno se donne, cinque o più se uomini.
Lo studio è stato condotto in doppio cieco, ovvero né i ricercatori né i pazienti sapevano quale sostanza veniva utilizzata, anche se, per i potenti effetti della psilocibina, i pazienti e i medici si sono ben presto accorti del gruppo di appartenenza.
Somministrazione di psilocibina: quali risultati sono stati ottenuti?
Nei primi otto mesi dall'inizio del trattamento, gli psichiatri newyorkesi hanno verificato che le persone a cui era stata somministrata la psilocibina avevano ridotto l'abuso di alcolici dell'83% rispetto al consumo precedente l'inizio dello studio. Nello stesso arco di tempo, coloro che avevano ricevuto l’antistaminico avevano ridotto il consumo di alcol del 51%.
Ma non basta: lo studio ha anche mostrato che otto mesi dopo la prima dose, quasi la metà (48%) di coloro che erano stati trattati con la psilocibina aveva smesso del tutto di bere, rispetto al 24% del gruppo placebo: risultati che non erano mai stati ottenuti con le terapie precedenti. Non sono ancora ben chiari i meccanismi che hanno portato a questo risultato e che dipendono, probabilmente, dalla modificazione di connessioni nervose all'interno di alcune aree cerebrali.
“In ogni caso il nostro studio – ha commentato Michael Bogenschutz, coordinatore della sperimentazione e direttore del Langone Center for Psychedelic Medicine – suggerisce fortemente che la psilocibina sia un mezzo promettente per il trattamento dei disturbi da abuso di alcol, una malattia complessa che si è rivelata notoriamente difficile da gestire”.
Studio sulla psilocibina: alcuni aspetti ancora da approfondire
Non mancano, però, i punti deboli, tra i quali il fatto che lo studio ha riguardato un gruppo relativamente piccolo di pazienti, senza una suddivisione in sottogruppi che comprendessero, per esempio, le persone affette da altre patologie psichiatriche o quelle che bevevano quantità diverse di alcolici.
Non sono state neppure esaminate le differenze tra la reazione dei maschi e quella delle femmine, o gli effetti dei farmaci su un periodo di tempo più prolungato. Tuttavia, lo studio è considerato importante, vista la materia e la scarsità di trattamenti efficaci per aiutare gli alcolisti a ridurre la loro dipendenza.
Bogenschutz sta già programmando una sperimentazione più ampia su almeno 200 alcolisti, nell’ambito della quale intende coinvolgere anche altri centri. Se l’esito dovesse essere positivo, come ci sia aspetta, l’obiettivo successivo sarà quello di chiedere l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA, l’ente che regola la sperimentazione e l’uso dei farmaci negli Stati Uniti) per impiegare nella pratica clinica (e non più, dunque, solo in programmi di sperimentazione) la psilocibina come medicinale, sempre in abbinamento con la psicoterapia, all’interno di centri specializzati.
La psilocibina è un composto naturale derivato da funghi che portano, come dicevamo, a un’alterazione degli stati mentali simili a quella dell'LSD e della mescalina. La maggior parte dei partecipanti allo studio ha sperimentato profonde alterazioni nella percezione, nelle emozioni e nel senso di sè. Siccome la psilocibina fa aumentare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca e può causare effetti psicologici anche gravi e talvolta invalidanti, i ricercatori avvertono che va utilizzata solo in contesti attentamente controllati e in combinazione con un’accurata valutazione psicologica.peutico potenzialmente assai più efficace, e sfruttabile senza grandi sforzi organizzativi, rispetto a quelli studiati finora.