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Quando la migrazione lascia ferite nelle psiche

Scritto da Catterina Seia | 31 lug 2023

Le attività artistiche, come la musica e le arti partecipative, hanno dimostrato di svolgere un ruolo significativo nel migliorare il benessere mentale dei migranti che hanno subito traumi e sofferenze. Tuttavia, è necessario creare reti solide e alleanze durature tra il settore culturale e quello della salute per garantire un sostegno continuo e adeguato.

La Salute mentale delle persone migranti forzati a causa di disastri naturali, persecuzioni, conflitti, violenza generalizzata o violazioni dei diritti umani, è da considerarsi oggi in Europa una delle grandi priorità di salute individuale e pubblica, con nuove e peculiari espressioni di disagio e fragilità generate da esperienze sconvolgenti, traumi, shock culturali, mancanza di prospettive. Prima delle drammatiche traversate in mare, sono già passati nel deserto, e per i centri di detenzione, con torture e umiliazioni. Arrivano da zone di guerra che hanno dissolto il loro futuro.

L’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati stima in oltre 84 milioni, a livello globale, il numero di persone che nel mondo sono state costrette a lasciare il proprio paese nel 2021, con un forte aumento rispetto agli 82,4 milioni registrati nel corso del 2020. Alla fine del 2022, i soli rifugiati dall’Ucraina nei vari paesi europei erano più di 8,2 milioni.

L’OMS si sta occupando delle ricadute sulla salute mentale di coloro che sono costretti a emigrare e dello stigma che accompagna il fenomeno crescente. Adulti, giovani, bambini hanno sperimentato perdite significative, sofferenze e avversità fisiche che provocano inevitabilmente, per usare un eufemismo, malessere psicologico. I paesi di arrivo e di accoglienza si trovano così di fronte a una domanda crescente di sostegno e di intervento per la promozione della salute mentale dei migranti forzati, e per la prevenzione, la gestione e il trattamento dei disturbi, che sono molto frequenti.

A questa domanda, che si somma a quella interna, derivante dalla grande cicatrice pandemica e dalla crisi della salute mentale che già si era manifestata, specialmente fra i giovani, ben prima dello scoppio della crisi Covid-19, occorre dare una risposta strutturale, non solo di emergenza. Lo si può fare efficacemente se si adotta una strategia integrata, facendo ricorso a tutte le risorse disponibili, con un coordinamento tra servizi di accoglienza e sociosanitari, con standard minimi omogenei, meccanismi di individuazione e presa in carico, anche sotto il profilo psico-sociale, soprattutto verso la popolazione minorile.

La base da cui partire: i settori culturali creativi 

I settori culturali e creativi sono una risorsa. Già nel 2020 OMS-Region Europa, con il rapporto  "Arti e salute: sostenere il benessere mentale delle persone costrette a sfollare", ha  evidenziato l’impatto delle pratiche artistiche sui  processi psicologici, comportamentali e sociali delle persone costrette a sfollare, così come sulla loro comunità ospitante: per portare alle luce i loro bisogni e desideri (Garry et al, 2020) come le loro esperienze incarnate  e i loro vissuti in intersezione di molteplici assi di emarginazione (Wells et al, 2021) e nel promuovere l'inclusione, coesione,  accettazione sociali e appartenenza.
Clini, Thomson e Chatterjee (2019), con uno studio partecipato con rifugiati/richiedenti asilo, volontari e personale delle realtà di accompagnamento sociale, hanno evidenziato come le arti abbiano avuto un impatto nel consentire di esprimere i pensieri, trovare voce, creare reti di supporto e apprendere abilità pratiche.  
Queste prospettive sono confermate da una pubblicazione recente, prodotta nell’ambito del progetto della Commissione Europea Culture for Health da Culture Action Europe, WHO Collaborating Centre for Arts and Health, University College di Londra, e Arts and Health Initiative, della New York University

Numerose evidenze mostrano infatti che le attività artistiche possono svolgere un ruolo non secondario nei processi psicologici, comportamentali e sociali permettendo di migliorare il benessere mentale. Ad esempio, la possibilità, attraverso l’arte, di sostenere la capacità dei migranti forzati di conservare, elaborare e comunicare la propria identità, il proprio patrimonio e la propria esperienza, anche dolorosa e traumatica, può infatti contribuire in modo rilevante a mantenerne l’equilibrio mentale, o a raggiungerne uno nuovo.

L’inclusione sociale nasce dalle attività artistiche

I dati raccolti da Culture Action Europe e dall’OMS mettono in luce, in particolare, l’efficacia di progetti fondati sulle arti partecipative, le arti visive, la danza, il teatro, la scrittura, e la musica. Il coinvolgimento in attività artistiche ha generato forme efficaci di inclusione sociale e di appartenenza per le persone che hanno perso tutto e sono state costrette a lasciare il loro paese e di coesione e di accettazione sociale, per i paesi di arrivo.

 

In termini medici, le persone con esperienze traumatiche di fuga da situazioni sconvolgenti che hanno preso parte in modo sistematico ad attività artistiche pensate per loro mostrano, sul piano psicologico, miglioramenti nella regolazione delle emozioni, nell’espressione emotiva, nella capacità di coping, nella fiducia in sé stessi, nel senso della speranza, nella capacità di immaginazione e della consapevolezza delle proprie risorse psicologiche. Sul piano comportamentale, si agevola l’apprendimento e il rinforzo di comportamenti sani e si riducono le difficoltà di inserimento nel nuovo contesto.

 

Tra i casi emersi: Music Action International, un’organizzazione con sede nel Regno Unito, che crea programmi musicali con persone che vivono in esilio, rifugiati, richiedenti asilo e Rom, con facilitatori che hanno vissuto l’impatto della guerra e sono formati per dare sostegno a bambini, giovani e adulti sopravvissuti attraverso la musica e l’esibizione in pubblico per migliorarne la salute e il benessere mentale e promuovere l’empatia e la comprensione. Tra le iniziative di Music Action International c’è il collettivo Stone Flowers, composto di sopravvissuti alla tortura, che ha già registrato due album e ha eseguito concerti dal vivo che hanno avuto un forte impatto sul pubblico.

Musica come cura

Il ruolo della musica per le persone con retroterra traumatico di violenza e fuga è ormai riconosciuto anche negli ambienti più ufficiali della ricerca medica, ed è l’oggetto di un articolo dei norvegesi Krüger e Diaz pubblicato nel 2023 su The Lancet.

 

Come sottolineano gli autori, la musica offre ai giovani con un passato traumatico di rifugiati uno spazio per l’espressione di sé e il rafforzamento della propria identità, per condividere credenze e alimentare la speranza in un futuro migliore in un ambiente sicuro e solidale.  Partecipare in modo regolare ad attività musicali consente a questi ragazzi “di esprimere le proprie emozioni, costruire legami sociali e sviluppare le proprie abilità di coping nelle sfide quotidiane, come la scuola o le attività del tempo libero.  La partecipazione ad attività musicali, come rilevano gli autori, ha il potenziale di ridurre i pregiudizi, la discriminazione e l’aggressività tra gruppi. La musica può anche promuovere la comprensione culturale e creare un senso di appartenenza.”

 

Nell’articolo si osserva inoltre che questo potenziale può essere particolarmente importante per i bambini non accompagnati, che possono aver subito traumi e violenze durante il viaggio, anche perché la pratica musicale può sostenerli nella costruzione di legami sociali con altri che hanno vissuto esperienze simili. Facendo e ascoltando la musica, i bambini possono condividere le loro storie e connettersi con i coetanei e gli adulti in modo non verbale, cosa importante per esprimere emozioni e sviluppare le competenze linguistiche quando il linguaggio crea barriere. 

 

“Le persone che portano con sé canzoni della loro patria, che siano ninne nanne o testi hip-hop, portano con sé anche una “cassetta di pronto soccorso” molto utile. La musica come tecnologia di auto-capacitazione può aiutare le persone in tempo di crisi e di guerra.
Ad esempio, durante la cosiddetta “primavera araba”, l’hip-hop è stato una forza trainante per molti giovani a far sentire la propria voce.

Necessaria un'azione congiunta a livello europeo

Le realtà artistiche e culturali che in tutta Europa si stanno mobilitando per sostenere con le proprie attività la salute mentale dei giovani e dei giovanissimi migranti forzati sono ormai numerose, e la loro pratica matura e consolidata. Tuttavia, il quadro è polverizzato e ancora incapace di creare reti solide e alleanze durevoli con i settori della salute, del welfare e dell’educazione, e il sostegno che ricevono dal settore pubblico, nonostante la qualità del servizio che offrono, è frammentario, discontinuo e soggetto a improvvisi tagli.

C’è tuttavia da sperare che il sostegno arrivi dalle strategie comunitarie, e in particolare, dal Programma di Lavoro della CE per il 2023.

Sostiene infatti la Commissione Europea, nel sollecitare la società civile a fornire evidenze in materia: “Investire nel miglioramento della salute mentale delle persone non riguarda solo la salute; si tratta di garantire che la società europea sia incentrata sul cittadino, sia resiliente e coesa. (..) Per ridurre efficacemente la sofferenza umana e apportare benefici alle nostre società ed economie, l’azione dell’UE deve andare oltre la politica sanitaria e includere tutte le politiche che hanno un impatto sulla salute mentale”.

A cura di Catterina Seia con Annalisa Cicerchia e Martina Caroleo
Annalisa Cicerchia, economista della cultura, primo ricercatore Istat, Vicepresidente CCW
Martina Caroleo, assistente sociale 

Guarire dal trauma con la musica. Arte per il benessere e la salute mentale dei rifugiati in Europa. Economia della Cultura. Menabò n. 192/2023 https://eticaeconomia.it/guarire-dal-trauma-con-la-musica-arte-per-il-benessere-e-la-salute-mentale-dei-rifugiati-in-europa/ 

Report: https://www.cultureforhealth.eu/news/who-publishes-arts-and-health-supporting-the-mental- well-being-of-forcibly-displaced-people/