I ricercatori dell’Università di Hiroshima, in Giappone, hanno messo a punto una tecnica innovativa per utilizzare in modo sostenibile le abbondanti quantità di silicio contenute nei residui di lavorazione.
Ogni anno nel mondo si producono circa 100 milioni di tonnellate di lolla di riso, la parte esterna non digeribile che viene separata dai chicchi attraverso i processi di raffinazione. Una quantità enorme di residui, ricchi di silicio e di altre sostanze che, finora, erano trattati come rifiuti, ma che invece potrebbero diventare i protagonisti di un’importante innovazione, quella di nuovi LED (emettitori di luce) del tutto sostenibili, ottenuti da questi materiali.
I LED (acronimo di light-emitting diode), lo ricordiamo, sono dispositivi capaci di emettere fotoni – le “particelle” della luce – se vengono attraversati da una corrente elettrica. Si usano in molti settori industriali diversi, ma sono noti soprattutto per le lampade LED, che ormai hanno sostituito le vecchie lampade a incandescenza.
Una scoperta sulla tecnologia LED arriva da uno Studio in Giappone
Torniamo, però, agli scarti del riso. Gli ingegneri e i chimici del Natural Science Center for Basic Research and Development dell’Università di Hiroshima in Giappone hanno trovato il modo di trasformare la lolla (soprattutto, il silicio che contiene) in LED – con una tecnica all’avanguardia – e hanno illustrato sulla rivista scientifica ACS Sustainable Chemistry & Engineering i risultati del loro lavoro.
La lolla di riso – scrivono i ricercatori – è un'ottima fonte di polvere di silicio di alta qualità, poiché le bucce di riso contengono silicio fino al 20% del loro peso. Utilizzando un particolare metodo di sintesi chimica, è possibile estrarre particelle cristalline di silicio con una dimensione di 3 nanometri (miliardesimi di metro) che, inserite in una soluzione colloidale, mostrano una fotoluminescenza rosso-arancione. La soluzione colloidale può poi essere utilizzata per sviluppare LED definiti “SiQD” (questo il termine tecnico).
I rischi ambientali dei LED
«I LED SiQD realizzati in modo classico contengono spesso materiale tossico, come il cadmio, il piombo o altri metalli pesanti – spiega Ken-Ichi Saitow, autore dello studio e professore di chimica all'Università di Hiroshima – e dunque possono creare rischi di contaminazione ambientale. Il nostro metodo di fabbricazione minimizza, invece, tali preoccupazioni. Questa è la prima ricerca per sviluppare un LED dalle bucce di riso».
Fin dalla sua scoperta negli anni Cinquanta, il silicio poroso (la versione più “efficiente” del silicio) è stato studiato per possibili utilizzazioni nelle batterie agli ioni di litio, nei materiali luminescenti, nei sensori biomedicali e nei sistemi di somministrazione di farmaci, perché è abbondante in natura ed è dotato di fotoluminescenza spontanea, grazie alla sua struttura puntiforme (di dimensioni infinitesime, quantistiche), che gli permette di comportarsi come un semiconduttore.
Il metodo messo a punto dai ricercatori giapponesi prevede, innanzitutto, la macinazione delle bucce di riso, e l’estrazione delle polveri di silicio. Quindi, con vari passaggi fisici e chimici, si ottiene la polvere purificata di dimensioni nanometriche. Infine, con altri procedimenti viene fornita alla polvere maggiore solubilità, che permette, dopo altri passaggi, di produrre i diodi al silicio (SiQD) in grado di emettere luce nella gamma rosso-arancio con un’efficienza di luminescenza elevata, di oltre il 20%.
Gli studi proseguiranno, per realizzare diodi al silicio ancora più efficienti e con luci di colori diversi dal rosso-arancio. In prospettiva, poi, il metodo potrà forse essere applicato anche ad altre piante come la canna da zucchero, il grano, l'orzo o le erbe (e ai loro rifiuti), che contengono tutte silicio e potrebbero quindi potenzialmente essere trasformate in LED o in dispositivi simili, non tossici.