I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno utilizzato un umanoide chiamato Nao per valutare il benessere mentale dei più giovani. L’assenza di interlocutori umani spinge i bimbi a parlare con maggiore sincerità, anche di temi delicati e difficili.
I bambini del futuro avranno, probabilmente, anche interlocutori molto particolari, per la valutazione del loro benessere: i robot chiamati Socially assistive robots (SARs). Entrando in relazione con queste apparecchiature, infatti, i più giovani si trovano in un mondo a loro già familiare e molto “fisico”, e riescono così a esprimere un eventuale disagio (e in generale le emozioni) in modi che non sempre emergono nel rapporto con le persone: i genitori, o i medici e gli psicologi.
La validità dei robot e, nello specifico, di un umanoide chiamato Nao, alto circa 60 centimetri, è stata sperimentata da un gruppo di esperti dell’Università di Cambridge (Gran Bretagna), i ricercatori dell’Affective Intelligence and Robotics Laboratory del Department of Computer Science and Technology, che hanno presentato i risultati ottenuti su 28 ragazzini di età compresa tra i 9 e i 13 anni alla recente IEEE International Conference on Robot & Human Interactive Communication, organizzata a Napoli.
È la prima volta, hanno spiegato gli studiosi, che i robot vengono utilizzati per valutare il benessere mentale dei bambini.
I piccoli hanno partecipato a diverse sessioni individuali da 45 minuti l’una, durante le quali Nao poneva quattro tipi di domande: una serie aperta, sulle sensazioni positive o negative provate nella settimana precedente; un questionario chiamato Short Mood and Feelings Questionnaire; un test basato sulle reazioni di fronte ad alcune fotografie (Children’s Apperception Test); e la Revised Children’s Anxiety and Depression Scale, un’altra serie di domande per valutare ansia, depressione e panico.
Benessere mentale grazie ad una interazione facilitata
I ragazzi potevano rispondere parlando, ma anche toccando alcune parti di Nao nelle quali erano presenti dei sensori, per esempio le mani e i piedi. Nel frattempo, altri sensori posti sui ragazzi stessi misuravano la frequenza cardiaca, i movimenti degli occhi e della testa, più altri indicatori di stress.In generale i ragazzi hanno riferito di avere gradito l’interazione con il robot, e hanno fornito dati più completi, intimi e veritieri rispetto a quanto non avessero fatto con intervistatori umani, probabilmente perché percepivano come totalmente inoffensivo Nao, al contrario di quanto accade quando l’intervistatore è un uomo.
«I bambini vedono il robot come un confidente - ribadisce la ricercatrice Nida Itrat Abbasi - e si sentono come se non si mettessero nei guai, perchè condividono i segreti con lui. Altri ricercatori hanno scoperto, poi, che è più probabile che i bambini raccontino informazioni private – come quelle relative a episodi di bullismo, per esempio – a un robot rispetto a quello che farebbero con un adulto».
Dallo studio dei ricercatori britannici è emersa anche una sorta di polarizzazione delle risposte: i bambini che non stavano vivendo un disagio, cioè, hanno fornito mediamente risposte più positive rispetto a quanto emerso nelle sessioni di controllo, mentre chi si trovava in una situazione di difficoltà ha avuto reazioni più pesanti rispetto ai controlli, probabilmente perché riusciva a esprimere meglio i sentimenti negativi.
Aiutanti e non sostituti
Gli esperti sottolineano che lo scopo di questi robot non è quello di sostituire il rapporto del ragazzo con il terapeuta, o i parenti. Tuttavia, le macchine possono aiutare ad avere un quadro più completo della situazione, e a integrare le informazioni.
Uno strumento di questo tipo – hanno commentato gli studiosi – potrebbe essere particolarmente utile in questo momento post pandemico, nel quale stanno emergendo sempre più i danni dell’isolamento, della didattica a distanza e in generale delle limitazioni alla socialità subiti da bambini e ragazzi a causa dei provvedimenti anti-Covid. Ovunque, nel mondo, si registrano aumenti significativi di ansia, depressione, dipendenze e perfino suicidi, per contrastare efficacemente i quali potrebbero essere utili mezzi anche innovativi come i SARS, già impiegati come coach mentali per gli adulti e gli anziani.
Le prossime tappe della sperimentazione prevedono lo studio di campioni più ampi ed eterogenei di bambini, e la verifica dei robot come interlocutori anche tramite chat video (quindi non “in presenza”).