Sperimentata con successo (per ora solo in laboratorio) una terapia capace di impedire all’RNA di copiare i tratti del codice genetico che aprono le porte alle forme ereditarie di sclerosi laterale amiotrofica.
Un caso su dieci di demenza frontotemporale familiare (una forma di demenza giovanile FTD), e un caso su cinque di sclerosi laterale amiotrofica familiare (SLA, o morbo di Lou Gehrig), sono accomunati da uno stesso difetto genetico posto sul cromosoma 9: la ripetizione di una sequenza sbagliata di basi (GGGGCC) - le componenti fondamentali del DNA - per un numero che varia da 60 ad alcune migliaia di volte.
A seconda del tipo di cellula interessata dalla sequenza errata, e dal numero di ripetizioni presenti, le manifestazioni patologiche possono essere molto diverse, ma la causa è sostanzialmente la stessa. Così, se il danno colpisce i motoneuroni (le cellule nervose responsabili del movimento) si ha la progressiva paralisi tipica della SLA, mentre se i danni coinvolgono cellule della zona temporale dei lobi del cervello si ha la demenza, che in media si presenta intorno ai 58 anni. In entrambi i casi, non esistono purtroppo cure efficaci, fino a oggi.
Tra qualche anno, però, la situazione potrebbe cambiare, perché uno studio eseguito dai ricercatori di tre prestigiosi centri statunitensi (Scripps Institute, Mayo Clinic, Johns Hopkins University) e pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, dimostra che è possibile intervenire sulla sequenza sbagliata del DNA, per riportare la situazione quasi alla normalità. Il segreto è agire sull’RNA (la molecola che funge da “stampo” del DNA e mette in pratica le sue istruzioni), nel preciso momento in cui la sequenza sbagliata viene copiata nell’RNA stesso, appunto, per essere poi tradotta in proteine fuori controllo: se si riesce a fermare quel momento, e a bloccare la trascrizione, la degenerazione non procede.
Positivi i primi risultati in laboratorio
Gli studiosi americani hanno allora sintetizzato un composto (una molecola particolare) capace di attaccarsi alla sequenza di RNA sbagliata, impendendo la sua trascrizione, e di attirare enzimi già presenti nell’organismo e dotati di una funzione utilissima (probabilmente per la difesa dai microrganismi estranei): la capacità di degradare le sequenze errate di RNA.
Negli animali da laboratorio questo composto è stato in grado di abbattere del 70% la concentrazione di proteine pericolose (quelle che, come dicevamo, innescano poi la SLA o la demenza frontotemporale). Esperimenti in laboratorio con le cellule nervose di pazienti poste in coltura hanno permesso di ottenere un effetto simile. In più sembra che la molecola messa a punto dai ricercatori statunitensi sia dotata di un’azione prolungata: una sola iniezione, negli animali da laboratorio, ha portato a un beneficio rimasto stabile per sei settimane.
Naturalmente occorreranno ancora molti test e approfondimenti prima di poter verificare l’effetto di questa molecola direttamente nell’uomo, ma la strada sembra avviata. In più, se si riuscisse ad arrivare a una cura, si potrebbe pensare di applicare la stessa tecnica basata sull’RNA ad altre malattie caratterizzate da anomalie genetiche.
Non solo per le forme ereditarie
Come dicevamo, la tecnica sperimentata dai ricercatori americani ha mostrato effetti positivi sulle forme ereditarie di SLA e di demenza frontotemporale, che rappresentano, però, solo una minoranza di tutte le forme di sclerosi laterale amiotrofica e di FTD.
È pur vero, però, che anche il 10% circa delle forme non ereditarie di SLA è legato in qualche modo ad anomalie del cromosoma 9. Dunque è importante che una nuova porta si sia aperta, nel labirinto delle grandi difficoltà che da sempre accompagnano lo studio e la cura di questa malattia.