L’ecologia è un tema ampiamente trattato da diversi artisti. Sono diverse le correnti che hanno come tema centrale la sostenibilità e la natura. Ma tutte le forme d’arte sono davvero sostenibili?
Il tema di cui ci occupiamo in questo articolo è quello dell’arte ed ecologia, in cui le parole d’ordine sono, tra le altre: consapevolezza, resilienza, conciliazione, relazione, empatia, rispetto, interazione, giustizia sociale, democrazia, rischio, cambiamento climatico, terra, cielo, acqua, ambiente e sostenibilità.
Questioni che l’arte affronta già dagli anni Sessanta, quando gli artisti uscirono dagli studi, non per andare a dipingere “en plein air” come gli impressionisti un secolo prima, ma per fare opere nel territorio usando il territorio stesso. Furono gli artisti statunitensi come Robert Smitshon, Michael Heizer, James Turrel, o gli inglesi Richard Long e Hamish Fulton, gli italiani Mario Merz, Giuseppe Penone, Giovanni Anselmo, o il tedesco Joseph Beuys anche co-fondatore del partito tedesco dei Verdi a inaugurare la tendenza artistica che prese il nome di Land Art (arte del territorio) e Arte Povera.
Questi artisti proponevano opere che impiegavano vaste porzioni di territorio come la Spiral Jetty del 1970, lunga 460 x un’altezza di 4,60 metri nel Great Satl Lake, Utah, di Smithson; o la Double Negative, 1969, una trincea lunga 535 metri e profonda 15 scavata sul fianco di una montagna nel deserto del Nevada di Michael Heizer; oppure le camminate di giorni e chilometri nei luoghi più impensabili come deserti, ghiacciai, foreste, praterie di Long e Fulton, nonché le fascine di Mario Merz, gli alberi di Penone, le insalate di Anselmo, il grasso e il feltro o la piantumazione di querce, 7000 solo a Kassel, di Beuys.
La solidarietà biologica
Tra questi protagonisti internazionali va annoverato anche Piero Gilardi, inizialmente partecipe del gruppo dell’Arte Povera, in quanto è colui che si è occupato, e si occupa, di quello che chiama “solidarietà biologica” con opere di vario tipo che vanno dalla fondazione del PAV (Parco Arte Vivente) a Torino a opere elettroniche, digitali e interattive, in tempi, ripetiamo, non sospetti e ancor prima dell’urgenza ambientale climatica di oggi. Il PAV è un ambiente per l’arte al chiuso e all’aperto, luogo interdisciplinare, educativo.
Gilardi arriva nel 2008 a creare questo luogo d’incontro tra uomo arte e natura, partendo dall’interesse iniziale, anni sessanta, con i noti Tappeti natura, per approdare, a partire dalla fine degli anni settanta, a opere tecnologicamente interattive come ad esempio Il Banano danzante, 1989, o Inverosimile, 1990, vigna interattiva, profumata, sonora e mobile, o la recente installazione esperienziale del 2018, Resilience, in collaborazione con il videomaker Heinrich Vogel, dove l’utente è invitato a interagire con un computer attivando una narrazione del rapporto uomo albero.
Una relazione indissolubile
È la sostenibile leggera relazione dell’arte digitale e natura a cui l’ONU sta dedicando molta attenzione stilando un decalogo di best practices attraverso le quali raggiungere un livello accettabile di un mondo sottratto non solo alla povertà, alla guerra, ma anche ricco di clima naturale.
Per questo l’ONU sta promuovendo, tramite un’alleanza con Google Arts, il tema Heartbeat of the Earth dedicato all’ambiente. Si tratta di un hub in cui gli artisti sono invitati a creare opere volte a interpretare i dati scientifici nella Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici.
Un interesse sostenibile tra arte digitale ed ecologia che trova impegnati molti artisti come Ed Kashi e Everyday Climate Change con opere spesso nate dalla collaborazione quale il fotoreporter Ed Kashi, collaboratore di National Geographic, già dal 2015 e fondatore, con altri artisti, del profilo instagram Every Climate Change in cui è possibile vedere scatti condivisi da artisti di tutto il mondo che documentano le gravi conseguenze dei cambiamenti climatici, proponendo anche soluzioni da attivare concretamente.
Insidious Rising, invece, con il progetto sviluppato con l’A I Hiphen Labs in collaborazione con Union Concerned Scientist producono opere sulle conseguenze negative dello scioglimento dei ghiacciai in cui vengono rilevate l’innalzamento di mari, il riscaldamento globale e lo scioglimento della criosfera. Anche qui è possibile interagire e confrontarsi con pratiche che alcune associazioni ambientaliste dedicano alla sostenibilità ambientale.
D’altro canto, l’artista turca Refik Anadol con MRI of the Earth, servendosi di una Machine Learning processa 69 milioni di immagini della Terra provenienti da satelliti che analizza dati di: CO2, popolazione, temperatura. Inoltre, l’artista dice che gli utenti possono consultare 200 milioni di immagini del patrimonio naturalistico.
A questi possiamo aggiungere l’artista olandese Dan Rosegaard partecipe del gruppo New Deutch Digital Design che crea opere sociali interattive sostenibili schoonheid (bello e pulito in olandese); con opere come Van Gogh Path, pista ciclabile riproducente il dipinto di Van Gogh “Notte stellata” pensata per riqualificare il quartiere di Nuenen nei Paesi Bassi, o lo Smog Free Project, serie di innovazioni urbane per ridurre l’inquinamento per ora in Cina, Paesi Bassi, e Polonia.
Gli NFT sono sostenibili?
Tale dibattito sulla transizione ecologica e digitale e le relative Best Practices ha coinvolto pure gli NFT (Non Fungible Token) tema tra i più caldi del momento – trattato già in uno nostro articolo - soprattutto per lo spreco di energia legato allo sviluppo e transazione degli NFT che per la tokenizzazione si avvale della tecnologia blockchain bisognosa di tantissima energia per essere creata.
È un’urgenza energetica sollevata in questo ambito dall’artista digitale Memo Akten nel 2020. Difatti nel suo blog possiamo leggere che una singola transizione ETH (cryptovaluta Ethereum) necessita mediamente di circa 35kWh che equivale al consumo di energia elettrica di un residente nell’UE per quattro giorni.
La questione non è dunque primariamente economica, ma ambientale dato che le edizioni di opere sostenute dagli NFT fanno crescere esponenzialmente il consumo. Per esempio, la creazione di un’edizione d’arte gestito da 1500 NFT finisce, in circa 6 mesi, per consumare 160 tonnellate di CO2 e ciò non è ambientalmente sostenibile.
A cura di Giacinto Di Pietrantonio