È stata messa a punto dai ricercatori dell’Università di tecnologia e design di Singapore una stampante 3D d’avanguardia, in grado di creare cibi buoni, sani e dall’aspetto gradevole utilizzando sia ingredienti molto diversi tra loro che scarti.
Come in un film di fantascienza, i ricercatori dell’Università di tecnologia e design di Singapore, Paese che da anni è in prima linea nell’innovazione in ambito alimentare, hanno messo a punto una stampante 3D capace di realizzare cibo à la carte, con i più diversi assortimenti di ingredienti, e con la consistenza, il colore e la forma desiderate.
Ciò significa, almeno in teoria, poter creare cibo per tutte le esigenze. Ad esempio, si possono ottenere alimenti ideali per chi deve assumere pochi grassi o è diabetico, oppure ha necessità di un supplemento di qualche vitamina o sale minerale o, ancora, deve modificare il proprio microbiota (l’insieme dei batteri “buoni” dell’intestino) a scopo preventivo, con specifici probiotici, o ha difficoltà a deglutire. Inoltre, si possono stampare prodotti per chi vuole sperimentare alimenti inesistenti in natura, oppure apprezza un particolare aspetto estetico del cibo. E non è tutto. Poter plasmare gli alimenti significa anche utilizzare al meglio proteine e altre classi di nutrienti che, nella loro forma naturale, non risultano attraenti per i consumatori, oppure sarebbero destinati allo scarto, come accade per gran parte degli insetti, o per ciò che avanza dalle lavorazioni della soia o degli agrumi, tutti da valorizzare perché ottimi dal punto di vista nutrizionale. Regolando i parametri, la stampante potrebbe creare da queste fonti insolite un pasto esteticamente gradevole.
L’innovazione è negli ugelli
Come i ricercatori hanno spiegato sulla rivista scientifica Future Foods, il passo tecnologico in avanti della nuova stampante è la capacità di assortire più ingredienti anche molto diversi tra loro per consistenza e caratteristiche fisico-chimiche, dando come risultato un alimento omogeneo. Tutti i dispositivi realizzati finora, infatti, riuscivano a lavorare con un solo ingrediente (o comunque con un elemento del tutto prevalente, come il cioccolato, il latte, la purea di frutta o verdura, e le gelatine), per la difficoltà di far interagire la “macchina” con materiali troppo diversi. In particolare, i tentativi di assemblare gli ingredienti si basavano su più ugelli, che contenevano (e facevano poi uscire) i diversi componenti necessari per produrre il risultato desiderato (un po’ come tante matite colorate per comporre un disegno). Tutto questo richiedeva un perfetto allineamento degli ugelli, durante la stampa (molto difficile da realizzare), con risultati spesso insoddisfacenti. I ricercatori di Singapore, invece, hanno puntato su più canali in entrata e su un unico ugello in uscita, in modo da realizzare la miscelazione all’interno della stampante, creando in questo modo una sostanza omogenea.
Anche il codice QR diventa commestibile
Per superare i problemi dovuti alle diverse caratteristiche di viscosità ed elasticità dei materiali impiegati, i bioingegneri hanno modificato la forma dell'ugello di uscita e l’algoritmo che definiva i movimenti della stampante, fino a ottenere una resa finale continua. In più sono riusciti a ridurre al minimo il “riflusso” all'interno della stampante stessa (uno dei limiti principali dei modelli esistenti è il fatto che i materiali possono risalire verso l’interno, a seconda della loro maggiore o minore capacità di resistere allo scorrimento, otturando gli ugelli e rovinando il prodotto finale).
Ma non basta: la stampante è così precisa che può realizzare anche un codice QR perfettamente funzionante, con tutte le informazioni nutrizionali.
Un codice che può venire poi mangiato...