Il trapianto di microbiota fecale (in sigla, FMT), già approvato in alcuni Paesi per curare l’infezione provocata dal batterio Clostridium difficile, sta dando risultati significativi anche in un ambito molto distante: l’autismo o, per meglio dire, lo spettro di disturbi autistici (ASD). La rivista Scientific Reports, del gruppo Nature, ha pubblicato, a questo proposito, i risultati di uno studio dell’Università dell’Arizona (Stati Uniti) su 18 bambini autistici trattati nel 2017: ebbene, dopo il trapianto di microbiota (in pratica, dopo il trasferimento ai piccoli pazienti dei batteri che popolavano, in modo ben equilibrato, l’intestino di donatori) i sintomi principali dei disturbi autistici (quelli che interessano il linguaggio, le relazioni sociali e il comportamento) si sono ridotti del 45%, mentre quelli gastrointestinali sono scesi del 58%.
L’idea di provare con l’FMT nasce da una constatazione: i pazienti autistici più gravi hanno sempre pesanti squilibri del microbiota, con sintomi gastrointestinali cronici quali diarrea, costipazione e colite, e questo aggrava la loro condizione, inasprendo anche l’irritabilità, i disturbi del comportamento, la difficoltà a concentrarsi e ad apprendere. I due aspetti sono collegati, perché è noto che se si riescono a curare i disturbi gastrointestinali, anche gli altri sintomi migliorano.
Nell’ambito dello studio dell’Università dell’Arizona, i bambini sono stati trattati prima con l’antibiotico vancomicina, per ridurre la presenza dei batteri patogeni, e poi con un trapianto di microbiota fecale al giorno per sette-otto settimane. Già i primi risultati, pubblicati nel 2017, lasciavano ben sperare, perché il miglioramento dei sintomi era evidente. Ma quelli attuali, ovvero il resoconto dopo due anni, si sono rivelati particolarmente significativi, perché i piccoli pazienti classificati gravi sono passati dall’83% al 17%.
«Stiamo trovando una connessione molto forte tra i microbi che vivono nel nostro intestino e i segnali che viaggiano verso il cervello – ha detto Rosa Krajmalnik-Brown, docente al Biodesign Swette Center for Environmental Biotechnology dell’Università dell’Arizona. – In molti casi, curando i problemi gastrointestinali, il comportamento dei bambini autistici migliora». L’FMT si basa sul trattamento delle feci di un donatore con caratteristiche specifiche (le feci contengono un grandissimo numero di batteri intestinali). Si ottiene un liofilizzato con il quale è possibile il trapianto, che si effettua, di norma, tramite colonscopia. Nel giro di pochissimo tempo il microbiota del ricevente cambia e diventa sempre più simile a quello del donatore, con vantaggi che si stanno misurando anche nella cura di altre malattie: per esempio, il trapianto di microbiota fecale sembra avere effetti positivi, in alcuni casi ben selezionati, addirittura nella cura dei tumori, perché aiuta i pazienti a trarre maggiore vantaggio dall’immunoterapia, per motivi ancora da chiarire bene. I risultati di due studi, a questo proposito, sono stati illustrati al recente congresso dell’American Association for Cancer Research, come riferisce la rivista Science.
Per tornare all’autismo, sarà necessario – scrivono i ricercatori dell’Università dell’Arizona – avere conferme anche su gruppi più ampi di persone, ma la strada per un nuovo approccio terapeutico (contro una patologia in cui i rimedi farmacologici sono pressoché nulli) sembra indicata.