Un fegato respinto dai centri specializzati è stato “ricondizionato” con una tecnica particolare da un’équipe dell’ospedale universitario di Zurigo e del Politecnico federale, e trapiantato dopo 3 giorni. Il paziente che l’ha ricevuto sta bene.
È passato un anno da quando, nel maggio 2021, un paziente svizzero in attesa di un trapianto di fegato ha ricevuto un organo che era stato “scartato” dai centri specializzati elvetici. L’organo era stato scartato perché presentava alcune situazioni critiche legate alla malattia della donatrice (una ragazza di 29 anni), ed era poi stato “ricondizionato” grazie a una tecnica particolare, rimanendo però fuori dall’organismo della ragazza stessa per tre giorni e non, come accade di solito, solo per qualche ora (altrimenti, di norma, il fegato si deteriora e non è più trapiantabile).
L’uomo aveva un tumore epatico in rapida progressione, e non poteva attendere un trapianto tradizionale: per questo si è prestato a un esperimento (il primo di questo genere) che gli è stato proposto dallo Wyss Zurich Translational Center, un istituto creato – con una donazione dell’imprenditore Hansjörg Wyss – dall’Università di Zurigo e dal Politecnico federale, che nel 2015 avevano intrapreso l’ambizioso progetto “Liver4Life”, incentrato sul miglioramento delle tecniche di conservazione degli organi destinati ai trapianti, per ampliarne la disponibilità.
Trapianto di fegato: verso interventi programmati e una riduzione delle urgenze
L’uomo oggi sta bene, e la sua esperienza è stata analizzata e raccontata in un articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature Biotechnology, con l’auspicio da parte dei ricercatori che a questo primo paziente ne seguano molti altri, e che la strumentazione messa a punto possa entrare a far parte dell’equipaggiamento di altri centri trapiantologici.
In sintesi, ciò che ha realizzato il team multidisciplinare è un macchinario che riproduce nel modo più fedele possibile ciò che accade nel corpo umano. Così, il fegato è stato collegato a una pompa che replica il cuore, a una mini-macchina da dialisi che espleta le funzioni renali, e a un’attrezzatura da ossigenazione che riproduce i polmoni. In più, i ricercatori hanno inserito un diaframma artificiale, che ha “arginato” il fegato analogamente al vero diaframma (il muscolo che separa la cavita toracica da quella addominale), e il tutto è stato sottoposto a un leggero movimento, al ritmo di una normale respirazione umana.
Eliminate le infezioni
Mentre era in perfusione, il fegato ha ricevuto gli elementi essenziali quali i minerali, le vitamine, gli ormoni, i fattori di crescita, gli enzimi che riproducono le funzioni intestinali e pancreatiche, ma – e questo è uno dei segreti del successo della tecnica – l’organo è stato anche trattato con farmaci che ne hanno migliorato le condizioni, eliminando le possibili infezioni in corso e riducendo le infiammazioni da trauma.
Inoltre, il fatto di avere a disposizione molte ore in più ha consentito ai chirurghi e agli altri esperti di effettuare analisi accurate senza l’urgenza legata a solo poche decine di minuti, come capita di solito. E tutto questo ha trasformato un fegato ritenuto non accettabile, secondo i principi internazionali oggi validi, in un organo potenzialmente utilizzabile.
Nuove sperimentazioni
Il prossimo passo sarà l’organizzazione di uno studio multicentrico (che comprenda, cioè, ospedali diversi, in Paesi diversi) per verificare se la strumentazione, usata in differenti strutture, sia ugualmente performante, e se sia quindi possibile standardizzare procedure e materiali.
Secondo i chirurghi di Zurigo, probabilmente si potrebbe arrivare fino a dieci giorni di conservazione dell’organo da trapiantare al di fuori del corpo, e la tecnica potrebbe essere estesa, con le dovute correzioni, anche ad altri organi. Il trapianto, in questo modo, sarebbe anche molto più programmabile, e meno caratterizzato dall’urgenza.
Crediti Foto: https://bit.ly/3QTictV
Il chirurgo Pierre-Alain Clavien, direttore del Dipartimento di chirurgia viscerale e trapianti all'Ospedale Universitario di Zurigo, con il paziente che ha ricevuto il fegato “rigenerato”