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Tumore alla prostata: diagnosi precoce senza gli effetti collaterali della biopsia

Scritto da Paolo Rossi Castelli | 24 gen 2025

I ricercatori dell’ospedale La Charité di Berlino hanno utilizzato un’attrezzatura avanzata per ridurre le biopsie prostatiche a uomini che non erano destinati a sviluppare tumori alla prostata pericolosi.

I criteri per diagnosticare precocemente il tumore alla prostata potrebbero cambiare, limitando il ricorso alle biopsie a pochi selezionati casi, e affidando tutti gli altri all’esito di una particolare risonanza magnetica (come avviene nelle donne con meno di 40 anni per il tumore al seno).

Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Oncology dai ricercatori dell’ospedale universitario La Charité di Berlino (Germania) dimostra che una risonanza magnetica sofisticata è in grado di prevedere con un elevato livello di affidabilità la necessità di sottoporre un paziente a una biopsia. Basandosi su dati raccolti nell’arco di otto anni, i risultati evidenziano che, nella stragrande maggioranza dei casi, è possibile evitare l’esame invasivo, affidandosi a controlli periodici.

Dopo i 50 anni, agli uomini viene spesso consigliato un dosaggio dell’antigene prostatico specifico (in sigla PSA), una proteina i cui valori elevati possono indicare la presenza di un tumore, ma anche di altre condizioni non pericolose, come un semplice ingrossamento infiammatorio. Qualora l’esame del sangue riveli concentrazioni alte di PSA, si consiglia il ricorso alla biopsia, considerata indispensabile per verificare le caratteristiche del tessuto prostatico. La procedura richiede, però, il prelievo di 10-12 campioni con una serie di aghi attraverso il retto o il perineo, circostanza che comporta dolore ed effetti anche spiacevoli nei giorni successivi, e fa aumentare il rischio di infezioni. Inoltre, poiché il prelievo viene eseguito alla cieca, la probabilità di individuare tumori a crescita lenta, che non avrebbero mai comportato rischi, e che invece vengono trattati in modo anche aggressivo, è alto.

«Gli effetti collaterali delle biopsie - spiega Charlie Hamm, primo autore dello studio apparso su JAMA Oncology - ci hanno spinto a scoprire se la risonanza magnetica fosse affidabile e sicura per il processo diagnostico del cancro alla prostata, e se gli uomini che non presentavano anomalie potessero tranquillamente saltare la biopsia immediata, entrando in un classico percorso di controlli clinici»

Un’attrezzatura molto sofisticata per identificare il tumore alla prostata

Il team ha monitorato 593 pazienti di età compresa tra i 18 e i 75 anni, con sospetto cancro alla prostata, per valori elevati di PSA e di altri indicatori. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a una risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) presso la Charité. Questo tipo di risonanza consente di valutare contemporaneamente più parametri, quali la tipologia del tessuto prostatico, il flusso sanguigno della zona, la diffusione delle molecole di acqua dell’area e altri elementi che permettono di distinguere un tessuto sano da uno malato.

«È stata poi eseguita una biopsia - continua il dottor Hamm - solo se la risonanza magnetica aveva mostrato risultati sospetti nella prostata. I pazienti con risultati normali della MRI sono stati sottoposti, invece, a regolari controlli urologici per tre anni. Questo ci ha permesso di verificare se il percorso della MRI fosse sicuro».

Ebbene, i ricercatori hanno visto che il 96% dei pazienti con un risultato normale della risonanza magnetica non ha poi sviluppato un cancro alla prostata aggressivo nei successivi tre anni. I tumori pericolosi sono stati rilevati durante un ulteriore monitoraggio solo nel 4% dei partecipanti i cui risultati iniziali della risonanza magnetica erano stati negativi. Lo studio si è infine esteso per ulteriori cinque anni, con una durata complessiva di otto.

Secondo i ricercatori quindi, anche se la risonanza non individua il 100% dei casi a rischio, permette di escludere la stragrande maggioranza di quelli che, in altre condizioni, sarebbero stati inutilmente oggetto di approfondimento. Inoltre, se unita a un sistema di controlli regolari (che prevedono nuovi dosaggi del PSA, altre risonanze e il controllo di eventuali altri parametri) la risonanza può essere adeguata, come metodo di diagnosi precoce.

Necessari radiologi esperti

Le linee guida dell'Associazione Europea di Urologia (EAU) raccomandano di eseguire una risonanza magnetica prima di una biopsia della prostata. Ma – dicono i ricercatori della Charité – non indicano in modo chiaro se, e quando, “saltare” la biopsia. Lo studio pubblicato su JAMA Oncology porta, adesso, nuova chiarezza.

Sono però imprescindibili due condizioni: che a leggere i risultati siano radiologi esperti e formati specificamente a questo tipo di esame, e che il sistema sanitario garantisca lorganizzazione di una rete di richiami per le visite urologiche regolari nellarco di almeno tre anni. Qualora questi due aspetti fondamentali siano rispettati, affermano gli oncologi tedeschi, la risonanza potrebbe sostituire la biopsia, nelle linee guida dei prossimi anni, ed evitare il ricorso a indagini e trattamenti inutili – e spesso dannosi – a moltissime persone.