Uno studio dell’Università di Exeter (Gran Bretagna) rilancia l’idea di utilizzare i “fagi” – virus innocui per gli esseri umani, ma spesso letali per i batteri – al posto degli antibiotici.
Prima della pandemia le autorità sanitarie di tutto il mondo, a cominciare dall’OMS, avevano lanciato numerosi allarmi su quella che ritenevano essere la più pericolosa emergenza sanitaria in atto: l’aumento della resistenza agli antibiotici da parte di un numero crescente di batteri patogeni per l’uomo (ad esempio, quelli della polmonite e della salmonellosi).
Negli ultimi mesi la situazione non è certo migliorata e, anzi, si susseguono in tutto il mondo segnalazioni di ceppi batterici resistenti alla maggior parte degli antibiotici disponibili.
Per trovare nuovi metodi efficaci i ricercatori dell’Università di Exeter, in Gran Bretagna, hanno pensato di utilizzare i fagi (virus particolari, che colpiscono solo i batteri) al posto degli antibiotici, ottenendo risultati interessanti, che sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLOS Biology.
L’idea di utilizzare i fagi, in realtà, per contrastare i batteri più pericolosi ha quasi un secolo di vita, ma era stata in buona parte abbandonata. Adesso i risultati positivi registrati a Exeter possono fornire una nuova spinta a questo filone di ricerca, se i dati verranno confermati e ampliati. Dunque, nei prossimi anni potremo forse avere a disposizione un’intera categoria di nuovi strumenti terapeutici efficaci contro le infezioni batteriche più difficili.
Come “funzionano” i fagi? Questi virus, come dicevamo, attaccano in modo specifico i batteri, e per questo vengono chiamati batteriofagi (o solo fagi, appunto). Letali, spesso, per i batteri, sono invece del tutto innocui per gli esseri umani.
L’idea di sfruttarli è nata non appena se ne sono comprese le caratteristiche principali, e la prima terapia sperimentale è stata effettuata addirittura nel 1919, quando il microbiologo francese Felix d'Herelle curò in questo modo un ragazzo di 12 anni colpito da una grave dissenteria di origine batterica. Negli anni seguenti, tuttavia, l’avvento degli antibiotici, più maneggevoli e semplici da ottenere, ha relegato la terapia con i fagi in una zona d’ombra: zona dalla quale, oggi, potrebbero essere pronti a uscire.
Difficile sperimentare
Uno degli ostacoli principali incontrati dai ricercatori negli anni scorsi era la grande differenza esistente tra le condizioni sperimentali e quelle reali, cioè tra la coltura di questi virus in laboratorio, per misurarne l’efficacia (di solito all’interno di “flask”, bottiglie di plastica chiuse), e la situazione che si verifica in un organismo vivente, dove i batteri e i fagi si trovano a lottare per la sopravvivenza in un microambiente fatto di cellule, vasi sanguigni e tessuti di diverso tipo. Nei “flask”, invece, i batteri sono presenti in soluzioni quasi pure, e per questo riescono velocemente ad acquisire una resistenza anche ai fagi.
Per ovviare a queste distorsioni sperimentali i ricercatori britannici, guidati dall’italiano Stefano Pagliara, hanno cercato un approccio diverso, riproducendo un microambiente polmonare del tutto simile a quello presente nell’organismo (con capillari e sacche d’aria), e lì hanno introdotto batteri di Escherichia coli (responsabili spesso di intossicazioni alimentari), oltre a diversi tipi di fagi, allo scopo di analizzare il comportamento di questi microrganismi in modo dettagliato e realistico.
Le strategie dei batteri
Utilizzando tale metodo, il team ha scoperto che in questi microambienti l'Escherichia coli non diventa geneticamente resistente ai fagi e la maggior parte della popolazione batterica viene uccisa dai fagi stessi. Non tutti, però, hanno risposto, e questo è dipeso dal fatto che certi batteri tentano di “cancellare” una serie di proteine (recettori) presenti sulla loro parete esterna. Senza queste molecole i virus non riescono ad agganciarli e a infettarli.
Lo studio, in ogni caso, fornisce molte informazioni nuove sul comportamento di questi virus dei batteri, e lascia già intravvedere una possibile direzione per nuove ricerche. In particolare, se si riuscisse a trovare il modo per amplificare l’”espressione” (la presenza) dei recettori sulla superficie dei batteri, si potrebbe aumentare l’efficacia dei fagi fino, virtualmente, a uccidere tutti i batteri, senza aver indotto alcun tipo di resistenza.