Ricercatori britannici e cinesi hanno modificato geneticamente il Vaccinia virus (utilizzato per anni nei vaccini contro il vaiolo), rendendolo capace di infettare e distruggere le cellule tumorali.
Infettare il tumore del pancreas, uno dei più difficili da combattere, con un virus, in grado poi di annientare il tumore stesso.
Questa terapia d’avanguardia è stata messa a punto, in via sperimentale, da un gruppo di ricercatori della Queen Mary University di Londra e della Zhengzhou University (Cina), che hanno pubblicato i risultati del loro lavoro sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer.
Virus Vaccinia: di che si tratta?
Il virus in questione si chiama VVL-21 e fa parte dei cosiddetti virus oncolitici: microrganismi, cioè, che provocano la lisi (la rottura delle cellule, con conseguente distruzione) di alcuni tipi di cancro, e riescono anche ad avviare una forte risposta immunitaria contro il tumore.
Sono diversi i tipi di virus oncolitici (gli adenovirus, l’herpes simplex, il virus del morbillo e altri ancora) che dagli ’60 in poi sono stati studiati per i loro “poteri” anticancro, con risultati quasi sempre insoddisfacenti, però, per vari motivi: eccessiva debolezza o eccessiva forza del virus, con rischi anche per le cellule sane; capacità delle cellule tumorali di creare resistenza.
Questa volta, invece, i ricercatori britannici e cinesi hanno ottenuto buoni risultati puntando l’attenzione sul virus Vaccinia, lo stesso che per decenni è stato utilizzato, in una versione attenuata, come componente principale dei vaccini contro il vaiolo (perché ha una struttura simile a quella del Variola Virus, responsabile del vaiolo, appunto, ma nella maggior parte dei casi non provoca danni gravi all’organismo).
Come funziona la terapia
Gli studiosi sono intervenuti sul DNA del virus Vaccinia, tramite l’ingegneria genetica, modificando la produzione di una proteina (chiamata B5R) per rendere più efficace l’ingresso di VVL-21 nel tumore pancreatico. In più, hanno aggiunto un gene per far produrre al virus una sostanza nota per la sua attività antitumorale, l’interleuchina 21 o IL21 (da qui il nome VVL-21).
Il virus VVL-21 è stato somministrato agli animali da laboratorio insieme a un farmaco antitumorale (un inibitore di PI3Kδ, come si dice in termine tecnico), e ha subito mostrato un potente effetto contro le cellule cancerose, inducendo la loro morte e modificando anche il microambiente intorno al tumore (eliminando, cioè, quei freni che il tumore stesso produce per inibire le risposte del sistema immunitario). In più, il trattamento con VVL-21 ha reso sensibili le cellule tumorali pancreatiche (di solito piuttosto resistenti) a farmaci immunoterapici chiamati inibitori del checkpoint (un altro modo per permettere al sistema difensivo dell’organismo di tornare a funzionare al meglio contro il tumore). Dal canto suo, il farmaco (l’inibitore di PI3Kδ) ha impedito che il sistema immunitario si scatenasse contro il virus, creando una potente sinergia.
Dopo una serie di test, il virus VVL-21 si è dimostrato capace di raggiungere sia la massa principale del tumore che le metastasi, e di far aumentare molto la concentrazione di “poliziotti” del sistema immunitario come i linfociti CD8+ e i linfociti Natural Killer proprio nelle vicinanze delle cellule tumorali.
Il team di ricercatori si sta attivando per avviare la sperimentazione di fase I (il primo gradino di un lungo iter) anche sugli uomini. E se quello che si è visto nei modelli animali troverà un riscontro positivo anche nei pazienti, entro pochi anni la combinazione di virus e immunoterapia oncologica potrà forse scalfire quelle statistiche che inchiodano il carcinoma pancreatico fra i tumori più pericolosi.
«L’attuale prognosi per i pazienti con cancro del pancreas non è migliorata da molti decenni – conferma Louisa Chard Dunmall, ricercatrice della Queen Mary University e prima autrice dello studio insieme alla collega Giulia Marelli. – Abbiamo quindi urgentemente bisogno di nuovi trattamenti che possano migliorare la sopravvivenza a lungo termine. La nostra piattaforma fornisce un promettente meccanismo per attaccare il tumore in questi pazienti».